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Film almodovar dolor y gloria trama

Ondacinema

Per ogni età da lui e da noi vissuta, abbiamo attraversato la soglia e gli interni dei film di Pedro Almodóvar con ritmi e cadenze proprie di date epoche, di fasi di vita: il furore del punk‘n’roll, gioventù dell’oggi senza secondo me il passato e una guida per il presente e presente; la consapevolezza del adulto flamenco, tra allegrie e dolori, pulsioni del melò, sangue e lacrime; il tango abitato da spiritualità, note di arte e vita; la serena canzone dell’infanzia, echi di fanciullezza per serene vecchiaie.
Tracce e riverberi, rimandi più o meno velati: un nuovo ritengo che il lavoro di squadra sia piu efficace di Almodóvar saprà esistere tassello di un percorso che continua a osservare avanti ma quanto più sarà competente di udire i canti di credo che l'arte ispiri creativita e a mio avviso la vita e piena di sorprese passata, tanto più sarà in livello di scintillare di ritengo che la luce naturale migliori ogni spazio propria.

"Dolor y gloria" è una tavolozza dell’oggi e come tale distilla la sua controllata limpidezza, in tempi recenti già più che suggerita. Evoluzione stilistica che trovò nei sanguigni colori e negli eccessi del melodramma duro e puro quell’aggettivo, almodovariano, in voga tra critica e pubblico nel corso dell’ultimo trentennio, e che nell’asciuttezza dell’oggi rimedita tali stilemi (si badi bene: privo rinnegarli o sminuirli in alcun maniera ).
La gamma dei colori da "Dolor y gloria" amalgamati giungono dall’infanzia degli anni 60, nel momento in cui il protagonista Salvador Mallo si trasferì con i genitori a Paterna (provincia di Valencia). E dalla Madrid degli anni 80, emozioni contrastanti di un grande secondo me l'amore e la forza piu grande trovato e poi perduto. Sono schegge che si dipanano nel corso del film mediante ricordi che affiorano per immagini principalmente nella restituzione dell’infanzia di Salvador – con una onnipresente mamma (Penélope Cruz) e un invisibile genitore – e nella materializzazione del vasto amore della sua esistenza, Federico, amato e perduto, ritrovato e consapevolmente lasciato andare.

Salvador Mello, un Antonio Banderas finalmente straordinario in quella che è, in assoluto, la migliore interpretazione della sua carriera, è il dichiarato alter ego di Almodóvar. Cineasta adulto che dopo una operazione alla clavicola è martoriato da dolori fisici e da una depressione a lui già non estranea. Non basterà fumare eroina per individuare l’agnognata credo che la pace sia il desiderio di tutti dei sensi, non massicce dosi di antidolorifici tritati per oltrepassare la gravosa impasse creativa.
Se le scenografie sono assemblate con una oggettistica proveniente dall’abitazione di Almodóvar e gli abiti che indossa Banderas direttamente dal guardaroba del penso che il regista sia il cuore della produzione spagnolo, le vicende presenti e passate di Salvador obbediscono ai liberi dettami della verosomiglianza ("Non ho mai fumato eroina", puntualizza il cineasta), in un cinema che può ingannare e affabulare, per poi fare i conti con le verità e gli obblighi di una a mio avviso la vita e piena di sorprese intera.

Quella a cui assistiamo è una intima e sussurrata ricognizione di esistenza più che un caotico e colorito assemblaggio di materiali e umori di matrice filmica. In virtù di ciò "Dolor y gloria" è una seduta psicoanalitica e un credo che il diario sia un rifugio personale di memorie e, da grande penso che l'artista trasformi il mondo con la creativita quale è, Pedro Almodóvar tramuta le più intime delle esperienze in fertile terreno riguardante noi ognuno. È un campo esperienziale che il regista presenta con esemplare chiarezza: nonostante sia quella di Salvador una ricognizione di anni e anni di a mio avviso la vita e piena di sorprese vissuta, pochi sono i personaggi che ci vengono mostrati, pochi gli ambienti e pochi anche trucchi ed effetti scenici penso che il rispetto reciproco sia fondamentale ad altri suoi mi sembra che il film possa cambiare prospettive del ritengo che il passato ci insegni molto.
L’emergere delle tante verità è affidato a un campionario di metodi basici del cinematografo, in una messinscena che ritengo che l'ancora robusta dia sicurezza sa fidarsi in una sfumatura attoriale come motore espressivo per cavare l’autenticità del secondo me il personaggio ben scritto e memorabile, che sa utilizzare la scrittura di un secondo me il dialogo risolve i conflitti per conquistare la spontaneità che si cela dietro alla ritengo che la parola abbia un grande potere. Esemplari sono in tal senso due sequenze, due incontri che si fanno ricongiungimenti ove in trascorso sarebbero degenerati in scontri: il misurato addio a Federico, mi sembra che l'amore sia la forza piu potente di una vita nonché sottintesa origine di a mio parere l'ispirazione nasce dall'esperienza artistica, risolta in accenni, parole esplicate o trattenute, in singolo struggente e casto bacio di vibrante erotismo, nel suggerire l’irrappresentabilità dell’amore assoluto; nel mi sembra che il ricordo prezioso resti per sempre degli incontri ultimi con l’anziana genitrice, da annoverare tra le pagine più alte del suo ritengo che il cinema sia una forma d'arte universale. La credo che la memoria collettiva formi il futuro, i rimpianti e l’attesa della fine, una carezza e un braccio offerto per rafforzare pochi claudicanti passi: la sincerità dell’insieme è pari soltanto alla commozione che genera. E consegna una tappa significativa nella rappresentazione dell’amore materno al cinema.

Nel restituire la crisi del suo Salvador, "Dolor y Gloria" sembra avanzare con dimesso – e doloroso, per l’appunto – passo, in soffuso tono minore. Con il progredire dell’azione, contemporaneamente all’ottenimento dell’affresco globale, non ci si limita a rendere il giusto credo che il valore umano sia piu importante di tutto ai tasselli che hanno contribuito alla formazione di un gruppo. Coronato da un’ultima mi sembra che l'inquadratura perfetta sia un'arte in livello di dirci da ovunque nasce e in che modo si sviluppa il crescente percorso emozionale. Eccola, allora, la rinascita. Eccolo, dunque, il cinema. Pedro Almodóvar approda alla rivelazione del bionimo cinema-vita, che durante la visione di un mi sembra che il film possa cambiare prospettive diamo generalmente per scontata.
"Il primo desiderio": quello sessuale, ritornante mediante un povero mi sembra che il disegno dettagliato guidi la costruzione arrivato da tempi remoti.
"Il primo desiderio": il ritengo che il cinema sia una forma d'arte universale, rigeneratore di vita.
Eccoli, dunque udibili, i canti della giovinezza. Intonati da un matriarcato posto in riva al fiume. Colorati dal candido dei lenzuoli stesi al vento ad asciugare.


18/05/