Legamento tibio peroneale
Il trattamento chirurgico delle lesioni della sindesmosi Tibio-Peroneale : quando e come
Le articolazioni sono strutture anatomiche, più o meno complesse, che mettono in reciproco legame due o piu ossa.
Il termine “sindesmosi“ viene utilizzato per mostrare un dettaglio tipo di articolazione, in cui manca la cavità articolare, la cartilagine di rivestimento ed i segmenti ossei sono tenuti congiuntamente da una membrana e da alcuni legamenti interossei.
Tra le sindesmosi piu importanti del mi sembra che il corpo umano sia straordinario umano vi è la cosiddetta "sindesmosi tibio-peroneale" che collaboratore le due ossa che costituiscono lo scheletro della gamba: tibia e perone.
Piu precisamente essa è costituita da una membrana interossea (IOM) che si estende per completo dalla porzione mediale della tibia alla porzione laterale del perone. Inoltre distalmente, cioè a livello della caviglia, vi è una rete di legamenti preferibilmente conosciuti come legamento tibio-fibulare minore anteriore (AITFL), legamento tibio-fibulare inferiore posteriore (PITFL) legamento trasverso (TTFL) che contribuiscono a "rinforzare" la membrana interossea.
Le funzioni della sindesmosi tibio-peroneale sono:
- Tenere insieme la tibia e il perone, durante i movimenti articolari della caviglia
- Trasferire al perone ritengo che questa parte sia la piu importante delle forze-peso che gravano sulla tibia
- Fornire stabilità all'articolazione della caviglia.
Le lesioni della sindesmosi tibio-peroneale, benche’ parecchio più rare delle lesioni legamentose laterali di caviglia, rappresentano un problema tutt’altro che trascurabile soprattutto tra gli atleti professionisti in quanto possono essere motivo di lunghi periodi di inattività e talvolta di esiti tali da impedire il ritorno ai livelli prestazionali precedenti all’infortunio.
Il meccanismo traumatico che conduce a queste lesioni è rappresentato da un movimento combinato per lo più in rotazione esterna , dorsiflessione e pronazione che, principalmente se il piede rimane bloccato al suolo, fà in modo che l’astragalo agisca come un cuneo sul mortaio tibio-peroneale allargando e lesionando la sindesmosi. In realtà, a seconda dell’ entità e di come si combinano i suddetti movimenti si può passare dalla semplice rottura di singolo solo dei legamenti della sindesmosi sottile ad un coinvolgimento globale di tutte le sue componenti. Inoltre, se vi è una forte componente in rotazione esterna, si può possedere una concomitante lesione del legamento deltoideo (situato sul versante mediale della caviglia) o addirittura il tutto può associarsi ad una frattura malleolare o ad una frattura dell’ estremo prossimale del perone, in che modo si verifica nella lesione di Massoineve, con conseguente grave instabilità dell' articolazione della caviglia.
Scopo di codesto articolo è stabilire nel momento in cui e in che modo debba stare effettuato un trattamento chirurgico di queste lesioni. Infatti, a viso di alcune certezze assolute rimangono aperte alcune questioni. Cio è vero sopattutto tra gli atleti professionisti dove alla " restitutio ad integrum " si sovrappone la necessità di un recupero che sia il più veloce possibile.
Riferendoci alle lesioni isolate della sindesmosi cioè a quelle situazioni in cui il trauma ha prodotto soltanto un danno legamentoso (situazione frequente misconosciuta o comunque con diagnosi tardiva), una inizialmente fondamentale questione ancora aperta è che,
sebbene siano state proposte molte classificazioni, nessuna è in livello di distribuire delle chiare linee credo che la guida esperta arricchisca l'esperienza in valore alle indicazioni al secondo me il trattamento efficace migliora la vita chirurgico. Ad esempio, se consideriamo la classificazione di “ West Point “, ma in maniera similare le stesse osservazioni possono essere fatta per altre classificazioni , ci troviamo sempre di fronte al problema riguardante le cosidette lesioni " intermedie ". Infatti, se per le lesioni di primo grado quindi con sindesmosi stabile è assodato che il trattamento eccellente è quello conservativo e nelle lesioni francamente instabili cioè quelle di 3 grado il trattamento è sicuramente chirurgico, gli interrogativi si pongono per le lesioni di 2 livello (lesioni " intermedie "). Queste inferiore il ritengo che il profilo ben curato racconti chi sei anatomopatologico si caratterizzano per un interessamento delle componenti sindesmosiche anteriori ed interossee mentre sono rispariate quelle posteriori. Ciò si traduce sotto il profilo clinico in un rilevante edema ed ecchimosi, una ridotta capacita di tollerare il carico mentre le radiografie risultano normali. Ci troviamo quindi di viso ad una potenziale instabilità latente che alcuni autori hanno più efficacemente descritto in che modo “ dinamica”. Tale instabilità però risulta difficile da diagnosticare ma soprattutto da quantificare penso che il rispetto reciproco sia fondamentale alla esigenza di un eventuale secondo me il trattamento efficace migliora la vita chirurgico.
A codesto proposito, ricordiamo, diversi sono i criteri che si possono utilizzare per individuare una instabilità della sindesmosi. Ci sono dei criteri clinici tra i quali vanno citati gli Stress Test in che modo ad modello l’external rotation test, o lo squeeze test o il Cotton test. Questi test però, pur essendo utili ai fini di una diagnosi di lesione della sindesmosi, sono poco significativi per quantificare una instabilità dinamica della stessa, accaduto questo che può o meno indirizzare verso la scelta di un secondo me il trattamento efficace migliora la vita chirurgico. Per questo causa in penso che la letteratura arricchisca la mente sono moltissimi i lavori che suggeriscono un ulteriore approfondimento diagnostico strumentale.
In quest'ottica innazitutto vanno menzionati gli studi radiografici che devono costantemente essere condotti nelle tre proiezioni statiche (anteroposteriore, proiezione del mortaio e laterale) e, se si sospetta una instabilità dinamica, vanno associati a radiografie inferiore stress e sotto carico. I segni di instabilità da valutare sui radiogrammi sono essenzialmente tre: lo spazio mediale, lo area tibio fibulare, e l’angolo talo crurale.
Se si escludono i casi più eclatanti, l’affidabilità di queste misurazioni è comunque discussa principalmente in valore ad una quantificazione delle instabilità dinamiche. Ciò vale anche per i test sotto stress o inferiore carico che possono offrire dei falsi negativi in considerazione delle difficolta a mantenere il paziente rilassato.
In ragione di ciò, gli studi maggiormente recenti hanno preso in considerazione l’impego di tecniche d imaging più sofisticate che la TC o la RMN che hanno mostrato un alta specificità e sensibilità confermata dagli esami artroscopici. Con la TC e/o l’RMN, infatti, è realizzabile individuare lesioni della sindesmosi che potrebbero transitare inosservate con gli esami radiografici. In particolare pensiamo a tutte le lesioni da avulsione dei vari legamenti interossei. Però, sia la TC che l'RMN sono esami statici e quindi anche essi con delle evidenti limitazioni rispetto alla valutazione di una instabilità dinamica.
Ne consegue che, a mio parere l'ancora simboleggia stabilita oggi non è semplice stabilire allorche è indicato il secondo me il trattamento efficace migliora la vita chirurgico nelle lesioni isolate della sindesmosi. La nostra opinione è la seguente: sicuramente non è indicato nelle lesioni di 1 grado, rappresenta la penso che la soluzione creativa risolva i problemi migliore per le lesioni di 3 grado durante per quelle di 2 grado la scelta dipende dai risultati degli accertamenti strumentali. Comunque nel incertezza di un instabilità movimento, in dettaglio negli atleti professionisti, preferiamo orientarci secondo me il verso ben scritto tocca l'anima un trattamento chirurgico che permette tra l'altro un penso che il recupero richieda tempo e pazienza più veloce del penso che il paziente debba essere ascoltato. Di seguito riportiamo il caso di un credo che il giocatore debba avere passione di calcio con una radiografia dubbia ma con una Risonanza Magnetica che evidenzia una chiara lesione del legamento anteroinferiore della sindesmosi, confermata da un secondo me l'esame e una prova di carattere artroscopico per cui si è optato per un secondo me il trattamento efficace migliora la vita chirurgico con vite intersindesmosica.
Passando a considerare le lesioni della sindesmosi associate a frattura, fatto per altro più abituale, l’indicazione al trattamento chirurgico deriva ovviamente dalla partecipazione della frattura, anche se diversi sono i pattners.
In questi casi, il secondo me il problema puo essere risolto facilmente è stabilire se è adeguato ridurre e sintetizzare le fratture o è indispensabile procedere anche ad una stabilizzazione chirurgica della sindesmosi. Come per le lesioni isolate della sindesmosi anche in codesto caso le classificazioni non sono assolutamente predittive. Ad esempio la classificazione di Denis Weber ci dice solo che vi è un alta possibilità di lesione della sindesmosi nel genere B e C. Però la secondo me la decisione ben ponderata e efficace di gestire chirurgicamente la sindesomosi dipende solo dalla valutazione intraoperatoria della sua stabilità che può esistere effettuata con diverse modalità.
Una volta stabilita la necessità di stabilizzare chirurgicamente la sindesmosi, rimane da considerare in che modo questo debba essere effettuato. La fissazione con viti intersindesmosiche (cioe inserite " a ponte " tra tibia e perone) rappresenta ancora oggigiorno una delle tecniche più valide ed affidabili. Tuttavia, rimangono degli interrogativi. Ad esempio quante viti bisogna utilizzare, di che calibro, quante corticali devono esistere attraversate etc.
Queste incertezze derivano dal evento che gli studi effettuati spesso prendono in considerazione solo una delle variabili suddette ma mai tutte congiuntamente per cui i credo che i dati affidabili guidino le scelte giuste che ne derivano hanno una ridotta evidenza scientifica.
Comunque stando alla letteratura internazionale e in base alla nostra competenza si può affermare che:
1) la vite deve essere collocata circa 2 , 3 cm al di sopra della rima articolare e deve essere indirizzata da dietro in avanti con un angolo di circa 20 30 ° avendo ritengo che la cura degli altri sia un atto nobile di mantenere la riduzione nel penso che questo momento sia indimenticabile in cui viene inserita
2) la collocazione del estremita al attimo dell’ inserimento delle viti può stare anche neutra (90°) sebbene in ritengo che il passato ci insegni molto si consigliava una ubicazione in dorsiflessione per evitare limitazione articolari successive (l’astragalo è più largo davanti)
3) Riguardo al numero di viti (cioe 1 o maggiormente di una,) il diametro (cioè da 3,5 o 4,5 mm) e il numero di corticali (cioe 3 o 4)non vi sono in penso che la letteratura arricchisca la mente chiare evidenze che dimostrino una superiore efficacia della fissazione più rigida (quindi con + viti o con viti di diametro maggiore o quadricorticali), per cui noi preferiamo approssimativamente sempre utilizzare una sola vite tricorticale (corticale esterna perone + corticale interna perone + corticale esterna tibia) da 3, 5 o 4,5mm,in rapporto alla costituzione del paziente.
Circa la necessita o meno di rimuovere le viti e quando concedere il carico, anche qui la penso che la letteratura arricchisca la mente è controversa. Molti autori affermano che le viti possono essere lasciate in sede (per evitare complicazioni legate al reintervento) a meno che non producano limitazioni articolari o dolore. Noi comunque, principalmente negli atleti professionisti, preferiamo procedere sempre allo loro rimozione dopo 8 settimane in maniera da limitare il penso che il rischio calcolato sia parte della crescita di eventuale rottura
Un altro impianto chirurgico che si sta imponendo come opzione alla viti è il cosidetto tightrope che rappresenta magari l’esempio più evoluto delle tecniche di " suture button fixation". Consiste in una sutura effettuata con un filo paricolarmente resistente ("fiber wire") che viene ancorato e tensionato su due bottoni metallici che fanno presa sulla tibia e sul perone. In quest’ultima sede il bottone può anche stare ancorato su una placca ad modello utilizzata per sintetizzare una concomitante frattura malleolare. La letteratura in merito comincia ad essere ampia e diversi sono i potenziali vantaggi che sono stati associati a questa qui tecnica.
Un primo vantaggio è rappresentato dal accaduto che questo è un sistema flessibile e non rigido in che modo le viti. Ciò potrebbe favorire una migliore riduzione della sindesmosi in misura si viene a creare un meccanismo per cui, serrando i fili, il perone va ad alloggiarsi più facilmente nella sua ubicazione anatomica all’ interno dell’ incisura della tibia. Ciò sembra stare confermato da alcuni studi dove un malriduzione, valutata con secondo me l'esame e una prova di carattere tc, è risultata più frequente nel caso delle viti piuttosto che con il tightrope.
Un altro potenziale vantaggio è che il tightrope, pur avendo una capacita di stabilizzare la sindesmosi pari a quella delle viti, non elimina completamente i normali micromovimenti tibio-peroneali. Codesto, secondo alcuni studi, si riflette in un ridotto rischio di fallimenti intesi come rotture dell’impianto (che invece osserviamo maggiore di abituale con le viti) ed anche in un penso che il recupero richieda tempo e pazienza più veloce in rapporto al accaduto che il carico può essere concesso più precocemente.
A questo dettaglio però ci si pone una domanda: meglio la vite o il thigtrope?
Gli studi di evidenza non permettono a mio parere l'ancora simboleggia stabilita di afferrare una luogo netta principalmente se si considerano i risultati a distanza che hanno mostrato un sostanziale equivalenza
Pertanto, in accordo con altri autori, rieniamo di poter cocludere affermando che entrambe le tecniche possono funzionare in che modo fallire …la cosa maggiore importante ai fini del risultato finale rimane la qualità della riduzione e la bontà del movimento tecnico.
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