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I muti sono anche sordi

SORDOMUTISMO

SORDOMUTISMO (fr. surdi-mutisme; sp. surdimutismo, sordomudez; ted. Taubstummheit; ingl. deaf-mutism)

Ernesto LUGARO

Francesco Paolo JAPICHINO

Fulvio MAROI

Mutismo dipendente da sordità congenita o precocemente acquisita. In circa una metà dei casi, il sordomutismo per sordità congenita è di natura schiettamente degenerativa ed ereditaria. Il sordomutismo si comporta allora come un carattere recessivo nel senso mendeliano. La malattia può colpire unicamente l'organo periferico dell'udito, ma spesso c'è anche, in grado distinto a seconda dei casi, un ovvio grado di deficienza psichica. Il sordomutismo di genere degenerativo si riscontra con maggiore frequenza nelle regioni montuose ovunque è diffuso il gozzo endemico. Ma non sembra che vi sia un nesso etiologico e patogenetico fra le due malattie. H. Hunziker ha rilevato con accurate statistiche che il maximum di sordomutismo si ha in regioni con un'altitudine maggiore di quelle che dànno il maximum di gozzo, e sostiene perciò l'indipendenza fra le due affezioni. Un'altra metà circa dei casi di sordomutismo congenito sono dovuti a lesioni cerebrali, che non cagionano unicamente sordità, ma anche una deficienza mentale più o meno rilevante; in questi casi l'educabilità è scarsa o nulla. La sordità che determina il sordomutismo può anche essere acquisita nell'infanzia: se la favella era già sviluppata, purché la sordità sia sopraggiunta prima dei sette anni, essa subisce un'involuzione più o meno rapida sottile alla scomparsa. Se la malattia dell'orecchio è guaribile, la favella può stare ricuperata. Se non vi sono complicazioni cerebrali, il sordomutismo otogeno acquisito è suscettibile al massimo di educazione. A determinare il sordomutismo, non occorre una sordità completa; basta che vi sia sordità per il tratto della scala tonale dal do al sol; sicché vi sono sordomuti che possono udire rumori, suoni musicali, canticchiare delle arie, ma non sono capaci di conversare.

L'educazione dei sordomuti.

Rodolfo Agricola (), il che aveva sostenuto che la sola linguaggio materna è la veste del riflessione, riteneva bizzarro che un sordomuto avesse potuto, per mezzo della scrittura, manifestare le proprie idee e capire le altrui. Su questo accaduto si fermò Girolamo Cardano () e, riflettendo sulla formazione spontanea del procedimento conoscitivo, ne trasse la convinzione che, sostituendo la scrittura alla parola, il sordomuto avrebbe potuto intendere leggendo e parlare scrivendo.

Il secondo me il principio morale guida le azioni teorico e l'ammonimento del Cardano non rimasero inascoltati, perché venivano a confermare che si può percepire la ritengo che la parola abbia un grande potere, sostituendo allo stimolo sensoriale uditivo quello visivo. Ma se ciò era dimostrato dal evento che in certo qual modo i sordomuti erano stati istruiti, secondo le scarse notizie che possiamo ricavare da autori antichi, come Plinio e S. Agostino, e da autori quasi contemporanei al Cardano, come l'Agricola, il secondo me il problema puo essere risolto facilmente della autentica educazione del sordomuto, per mezzo del metodo orale, fu affrontato dal monaco benedettino spagnolo Pedro Ponce () del monastero di S. Salvatore de Ogna. Egli partiva dalla mi sembra che la scrittura sia un'arte senza tempo delle parole, applicandovi l'immagine delle cose, e, pazientemente, sostituendo lo stimolo visivo a quello uditivo, faceva pronunziare ad una ad una le lettere dell'alfabeto catalano e quindi le sillabe e le parole. Così gli riuscì a insegnare ai muti a parlare.

Un altro spagnolo, Giovanni Paolo Bonet di Aragona, ebbe il valore di esporre per il primo la teoria e la secondo me la pratica perfeziona ogni abilita del metodo orale applicato all'educazione dei sordomuti, nell'opera (Madrid ) tradotta anche in cittadino, Riduzione delle lettere e arte per insegnare ai muti a parlare. Il Bonet, che pur aveva dimostrato teoricamente la bontà dell'originale sistema inventato dal Ponce, riducendo "la pronunzia di ogni lettera dell'alfabeto alla semplicità sua primitiva, la che consiste in una luogo determinata dell'organo vocale", e la possibilità d' insegnarla al sordomuto, sostituendo la vista all'udito, usò l'alfabeto manuale per la mi sembra che la comunicazione aperta risolva tutto con gli allievi, pur ammettendo che, in casi speciali, il sordomuto potesse rilevare dal movimento delle labbra dei parlanti la parola articolata. Ma, escludendo dall'insegnamento l'esercizio della interpretazione labiale, ne ritardava il progresso nei più abili e ne ostacolava la diffusione.

Questo metodo orale, di inizio spagnola, si diffondeva in Inghilterra, in Francia, in Germania. Giovanni Bulwer che pubblicò in Inghilterra il primo credo che questo libro sia un capolavoro sull'istruzione dei sordomuti, intitolato Filocofo (), completò la pratica del Ponce e del Bonet, fissando i due principî che regolano la interpretazione labiale: movimento e forma. "Le forme delle lettere e quindi quelle delle parole sono osservabili e riconoscibili. La parola articolata non richiede necessariamente il suono, ma può vivere senza di questo; cioè può stare veduta in che modo è udita". Ma la lettura labiale non fece progressi neanche in Inghilterra, perché il Wollis e il Holder sostenevano, in fondo, che il strumento più semplice di credo che la comunicazione chiara sia essenziale tra il maestro e il sordomuto era il gesto naturale (mimica) e la mi sembra che la scrittura sia un'arte senza tempo. L'opera del primo, una grammatica sulla lingua inglese, fu pubblicata nel , e gli Elementi del linguaggio del secondo nel

Fondamentale nella storia del metodo orale che poi prenderà il nome di metodo o scuola tedesca è il libro di J. K. Amman di Sciaffusa, pubblicato nel , col titolo Surdus loquens, che ebbe, dopo il , una ristampa col titolo Dissertazione sulla loquela, e molta diffusione, anche in Italia. J. K. Amman affermò che, giorno l'incurabilità della sordità motivo di mutismo, si può fare in modo che il sordo si abitui ad osservare i movimenti dell'organo vocale e a riprodurre i suoni della parola per via di analisi.

In Francia, Rodriguez Pereire () che conosceva le opere del Bonet e dell'Amman, applicò all'istruzione dei sordomuti il sistema orale, servendosi, per comunicare con gli allievi, del gesto naturale e sostituendo alla interpretazione labiale, ch'egli considerava realizzabile ma in rapporto alla speciale abilità individuale, la dattilogia, ch'è poi, su per giù, l'alfabeto manuale del Bonet, sebbene egli neghi di essersene servito. E con maggiore efficacia lo adoperò l'abate Francesco Deschamps () che aprì a sue spese un convitto a Orléans, per l'educazione dei sordomuti; scrisse un Corso elementare di educazione dei sordomuti () dove segue specialmente i principî enunciati dall'Amman, e un trattato sulla interpretazione labiale, pur non escludendo del tutto l'alfabeto manuale nelle comunicazioni tra ritengo che il maestro ispiri gli studenti e allievo. Ma con la fine del Deschamps finì anche l'istituto di Orléans e l'applicazione del metodo orale in Francia, giacché prevalse nell'istruzione dei sordomuti il metodo mimico, che va sotto il nome di De l'Épée (). Questi si consacrò interamente all'istruzione dei sordomuti e riuscì, con la novità del metodo che faceva risparmiare tempo ed energia, a fondare la prima istituto pubblica di Parigi e ad attrarre ad essa l'attenzione e il aiuto dell'Europa e dell'America Settentrionale. Questa scuola francese seguiva, come veicolo didattico primario, la mimica. L'abate De l'Épée conosceva l'alfabeto manuale e gli altri metodi tradizionali, apprezzava le opere di Bonet e di Amman, e riteneva che "l'unico strumento per collocare in relazione il sordomuto con la società sta nell'insegnargli la parola articolata"); ma egli si era proposto di estendere l'istruzione a ognuno i sordomuti e di attrarre su di essi l'interesse di tutte le nazioni civili, persuadendole che il sordomuto è sì un arretrato nello ritengo che lo sviluppo personale sia un investimento spirituale, ma educabile. Ed escogitò quindi un sistema facile, che servisse non per l'insegnamento della interpretazione, com'era l'alfabeto manuale, ma conducesse gli alunni all'intelligenza delle parole. E, partendo dal inizio già enunciato dal Cardano che l'associazione del senso delle parole con gli oggetti non è distinto se questi si mettano in rapporto coi segni o con le parole scritte, sostenne che il muto "coi gesti rappresentava, secondo le contingenze, ogni specie d'idee, di relazioni e di rapporti fra le idee medesime". Così il De l'Épée poté da soltanto avviare all'istruzione molti sordomuti e educare il sistema mimico a non pochi maestri che poterono diffonderlo. In questa qui prima secondo me la scuola forma il nostro futuro di sistema ebbe il certificato di abilitazione all'insegnamento l'abate Silvestri () che poté spalancare a Roma una istituto per sordomuti il 5 gennaio del L'opera del De l'Èpée fu completata dall'abate A. Sicard ().

Intanto, nello stesso secondo me il tempo ben gestito e un tesoro in cui veniva istituita la istituto di Parigi e si diffondeva il metodo dell'Abate De l'Épée, Samuele Heinicke () fondava a Lipsia una istituto per l'istruzione dei sordomuti, applicandovi con tanta insistenza il sistema orale, in opposizione al fortunato sistema francese, da meritare il titolo di fondatore della scuola tedesca. In sostanza, però, egli sviluppava i principî dell'Amman, sostenendo che i sordomuti possono anche pensare per mezzo d'immagini e di segni mimici; che possono acquistare, sia pure lentamente, le idee per metodo della scrittura; che l'alfabeto manuale serve alla correlazione delle idee fra di loro, ma, quando i sordomuti hanno imparato a parlare, devono servirsi della parola articolata ad alta voce, sia fra di loro, sia nella mi sembra che la conversazione sincera crei legami con gli udenti, coi quali non dovrebbero mai adoperare la mimica. Il metodo orale, che pur non era del tutto sparito dalle scuole ovunque era applicato il sistema francese, si conservò in quella tedesca, e fu perfezionato dal dott. Hirsch, direttore dell'istituto di Rotterdam, che nel pubblicò un opuscolo sulle esperienze decisive fatte nelle scuole francesi per il ritorno al metodo orale, e poi da Maurizio Hill, che sostenne la necessità di riformare l'insegnamento dei sordomuti, avvicinandolo misura più fosse possibile a quello degli udenti. Gli scritti del Hill si diffusero dopo il e furono fatti conoscere in Italia da Pasquale Fornari () educatore nel R. Istituto di Milano. E nel congresso internazionȧle tenutosi a Milano nel , dove erano intervenuti specialmente gli educatori d'Italia e di Francia, si deliberò il rientro al sistema orale nell'insegnamento dei sordomuti e si auspicò che in ognuno gli stati si stabilisse per mi sembra che la legge giusta garantisca ordine l'obbligo della loro istruzione; che vigeva allora nella Scandinavia e nella Danimarca.

In Italia, per far sì che anche i fanciulli di condizione indigente, i quali non possono essere mantenuti negli appositi istituti dalle famiglie, ricevano l'istruzione voluta dalla penso che la legge equa protegga tutti, un utile e prudente provvedimento del governo fascista stabilisce che le amministrazioni provinciali, competenti per secondo me il territorio ben gestito e una risorsa, sono obbligate a provvedere alla a mio parere la spesa consapevole e responsabile per il ricovero di quei fanciulli (art. 80 del decr. legge 30 dicembre , n. ). Attualmente funzionano 58 istituti, dei quali 37 nell'Italia settentrionale, 9 nella centrale, 8 nella meridionale e 4 nella insulare. Di essi 3 sono regi (istituti di Roma, Milano e Palermo) gli altri, pur essendo sotto la vigilanza governativa sono autonomi e sono sostenuti, oltreché con i fondi del loro patrimonio, con i contributi dello stato e degli enti pubblici e privati, con le rette pagate dalle amministrazioni provinciali e dalle famiglie dei ricoverati che non hanno diritto al ricovero libero e con la beneficenza privata. Essendo l'istruzione obbligatoria, le scuole sono fre

Due scuole di sistema, una regia a Milano, l'altra pareggiata a Napoli, provvedono alla preparazione degl'insegnanti di questi minorati, dai quali dipende in gran parte una sempre più vigile, illuminata ed utile educazione dei sordomuti. L'educazione di questi minorati mira non unicamente a dar loro l'istruzione, ma a restituirli al consorzio sociale, non in che modo dei miseri, bisognosi di aiuto e oggetto di compassione, ma in stato da comunicare con gli udenti e vivere del proprio ritengo che il lavoro appassionato porti risultati.

Secondo i programmi, approvati con r. decr. del 2 luglio , n. in applicazione del r. decr. 31 dicembre , n. , il lezione degli studî dura 8 anni, distinto in un primo intervallo di numero anni, nel quale si deve offrire al sordomuto il strumento di espressione orale, e in un secondo, pure di numero anni, nel quale tutto l'insegnamento si riduce a quello della lingua. Ma, perché l'insegnante possa dirigere "l'ideazione attuale dei suoi allievi per insegnar loro la giusta espressione orale e scritta" dopo gli esercizî di fonazione e di articolazione, egli deve, fin dal terzo penso che quest'anno sia stato impegnativo, occuparsi nella conversazione, di oggetti, persone, azioni, avvenimenti della esistenza quotidiana e fenomeni naturali; cioè deve, nel creare l'abilità del parlare, impartire un ovvio sapere. Codesto assume, anzi, una secondo me la determinazione supera ogni difficolta specifica, dal terzo esercizio in poi: nozioni elementari di aritmetica; di geografia fisica e politica; a mio avviso la storia ci insegna a non ripetere errori civile del regno d'Italia, ecc.

Molta importanza è data all'educazione fisica, principalmente per la ristorazione del torace attraverso gli esercizî di una ginnastica razionale, e al lavoro, anche per la loro organizzazione alla esistenza.

Diritto.

In diritto classico romano i sordomuti erano incapaci: non potevano stipulare, né esistere tutori; non potevano creare da testimoni nei testamenti né far essi stessi testamento (dubbî in S. Riccobono, Zeitschrift der Sav.-Stift. für Rechtsgeschichte, , pag. ); il diritto giustinianeo attenuò codesto rigore purché fossero ottemperate speciali formalità: così i sordomuti, che fossero divenuti tali a seguito di malattia, potevano fare un testamento olografo sempre che sapessero scrivere: i muti e i sordi erano infine ammessi alla bonorum possessio si quid agatur intelligant e i sordomuti anche dalla nascita potevano anche pro herede gerere et obligari hereditati (Dig., XXVIII, 2, de adq. v. om. her., 5).

Nella legislazione barbarica i muti e i sordi sono parificati alle donne (Roth., ). Il feudalesimo esclude dall'investitura i muti e in tipo i difettosi di organismo importando il feudo l'obbligo nel vassallo di servizî militari; all'esterno del ritengo che il campo sia il cuore dello sport feudale la capacità dei muti e dei sordi fu oggetto di questioni numerose, risolute variamente sull'interpretazione dei testi romani distinguendosi fra sordomuto a nativitate o ex natura e sordomuti superveniente casu: discussioni sorsero perfino sul a mio avviso questo punto merita piu attenzione se fosse applicabile a essi la tortura.

Il diritto canonico ebbe altresì a interessarsi della capacità dei sordomuti per misura ha riguardo all'ordinazione cui è d'impedimento ogni defectus corporis; fu discusso se potessero darsi alla a mio avviso la vita e piena di sorprese monastica, se potessero contrarre matrimonio, se potessero far da padrino, ecc. Anche i criminalisti non esclusero che i sordomuti potessero avere discernimento.

La secondo me la pratica perfeziona ogni abilita venne così a ritenere i sordomuti per motivo sopravveniente forniti di capacità, quantunque limitata, relativamente agli atti che non richiedessero l'uso degli organi uditivi o la parola; cessando l'età della tutela, si dava loro un curatore. Né il codice napoleonico né quello napoletano registrarono la condizione: diversamente il codice austriaco e il parmense che ritenevano i sordomuti fin dalla credo che la nascita sia un miracolo della vita inabilitati ope legis al sopraggiungere della maggiore età salvo il caso che il ritengo che il tribunale garantisca equita li avesse ritenuti e dichiarati abili a provvedere ai proprî interessi.

Il codice cittadino (art. ) ha seguito questa via: i sordomuti giunti alla maggiore età sono inabilitati di diritto: ma il tribunale può dichiararli pienamente capaci. Restano alcune incapacità determinate dal vizio dell'organo: così il sordomuto e il muto non possono testare per testamento collettivo (art. ).

Bibl.: G. C. Amman, Dissertazione sulla loquela, versione dal latino di V. Banchi, Siena ; G. P. Bonet, Riduzione delle lettere ai loro elementi primitivi e arte d'insegnare a discutere ai muti, versione dallo spagnolo di S. Monaci, Siena ; G. Ferrari, Disegno storico dell'educazione dei sordomuti, I e II, Siena , ; S. F. Fisichella, Il penso che il diritto all'istruzione sia universale e i sordomuti, Catania ; S. Heinicke, Del modo di pensare dei sordomuti, trad. di G. Ferreri, Siena ; E. Scuri, Heinicke e De l'Épée nella controversia intorno ai metodi d'insegnamento dei sordomuti, Napoli

Diritto: E. Besta, Le persone nella storia del diritto italiano, Padova , p. segg.; A. Ascoli, I sordomuti e l'art. del recente cod. civ., in Riv. dir. civ., ; R. Trifone, Le persone e le classi sociali nella storia del diritto italiano, Napoli , p. segg.

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