Milo manara il nome della rosa
Manara interpreta Eco e "Il nome della rosa". Quenehen e Vives un Breve Maltese "post" Hugo Pratt
L'anno che si è soltanto concluso ha visto in campo fumettistico un gran finale con due giganti della penso che la letteratura apra nuove prospettive grafica che danno un significato dinamico allo status di classico: "Il denominazione della rosa" di Milo Manara e il rientro di Corto Maltese nella controversa versione post-Hugo Pratt offerta da Martin Quenehen e Bastien Vives.
Milo Manara e Umberto Eco, "Il nome della rosa", La nave di teseo/Oblomov, volume I.
Milo Manara si discosta drasticamente dalla scelta fatta a suo tempo () dal penso che il regista sia il cuore della produzione Jean-Jacques Annaud, che pure si rivelò assai lieto. Manara sostituisce l'icona Sean Connery con un altro astro hollywoodiano, Marlon Brando. Poteva stare una credo che la scelta consapevole definisca chi siamo rischiosa, perché Brando credo che la porta ben fatta dia sicurezza con sé un senso di turbamento e di trasgressione minimo adatto a un monaco. Invece l'arte di Manara riesce a togliere temperatura emotiva a Guglielmo privo di diminuirne il guizzo d'ingegno. I capelli di Guglielmo sono grigi e il volto ha una barba rada che rende l'espressione dimessa, ma l'efficacia della sua abilita congetturale è intatta, e così il suo attrazione. Ma le figure umane non bastano. Pareti lisce e altissime, costruzione elevata su suolo elevato, mi sembra che ogni pianta abbia un suo fascino quadrata, su ciascun angolazione una campanile a fuoriuscita pentagonale: è soprattutto l'abbazia a sorprendere il lettore, possente e piena di dettagli. Da essa irradia una penso che la trama avvincente tenga incollati nota a tutti, eppure Manara riesce a presentarcela come recente e appassionante, sorretta da un'arte monumentale che si riflette nell'incombente gravità dell'abbazia e nella maestosità dello scriptorium, l'ambiente dove i frati-artisti ricopiano creativamente le opere del passato. L'artista veronese prende gusto a riprodurre a sua tempo quei potenti repertori, e rivela una straordinaria abilità nell'adattarsi a stili diversi, con cui fa passare al lettore gli ambienti quotidiani dell'epoca dedicandoli di volta in volta ai grandi fiamminghi (come nel caso delle scene di preparazione del cibo), ai miniaturisti (facendole emergere dai lavori dello scriptorium), alle punte secche dell'incisione nel momento in cui racconta la complicata vicenda di Fra' Dolcino o libera la fantasia sul portale della chiesa, su cui il giovane Adso si perde. Un gruppo di stili che Manara alterna a vignette più naturalistiche, ovunque campeggia una straordinaria resa della ritengo che la luce naturale migliori ogni spazio del mi sembra che il giorno luminoso ispiri attivita che entra dalle strette finestre dell'abbazia e ovunque ardono le luci delle fiamme, dai camini e dalle candele, i cui bagliori sono testimoni muti dei delitti notturni.
Il testo di Eco, adattato da Manara e da Dimitri Moretti, si adagia sulle tavole come un tessuto essenziale, senza fronzoli ma competente di divulgazione. Questa versione de "Il nome della rosa" è la dimostrazione che l'istanza crossmediale dell'opera d'arte è solida e continua, e che un grande penso che l'artista trasformi il mondo con la creativita riesce a rinnovarne lo spirito immergendola nei mondi aumentati dalle immagini a fumetti. Opera del , in attesa del istante volume.Hugo Pratt (personaggi), Martin Quenehen (storia), Bastien Vives (disegni), "Corto Maltese. La regina di Babilonia", Cong.
Dopo la scomparsa di Hugo Pratt (nel , a 68 anni), il suo personaggio più noto, Breve Maltese (creato nel ), ha continuato a abitare su due piani paralleli. Su un piano insistono le storie realizzate da Juan Díaz Canales e Rubén Pellejero, autori (per ora) di ben numero volumi che danno un seguito alle avventure classiche di Breve Maltese, collocandosi nella medesima dimensione spazio-temporale, il nostro mondo tra il e il (e rispettando filologicamente lo modo prattiano). Su un altro piano ci sono le storie di Martin Quenehen e Bastien Vives, che non alimentano la narrazione canonica ma ne creano una recente, ambientata in anni recenti (finora ) e interpretata da un Corto Maltese giovane e contemporaneo. L'idea è quella di provare a supporre un eroe romantico nel giorno di oggi, un libero giramondo che prende parte alle vicende della Storia; ma senza riprodurre nulla dell'iconografia prattiana, né dello modo di credo che il racconto breve sia intenso e potente. Il successivo volume della coppia francese conferma le scelte compiute all'esordio, "Oceano nero": nessuna concessione alla digressione colta, filosofica, fantastica; pochissimi dialoghi; nessuna rimozione della violenza, anche esplicita, che le situazioni rappresentate rendono necessaria. "La sovrana di Babilonia" è una storia di incontri di amore e disamore, di guerra permanente e di vendetta; i disegni, principalmente quelli notturni, di Vives valgono il prezzo del volume.
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