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Nuit noire calcutta

DOCUMENTARIO

Documentario

Adriano Aprà

Il problema vero/falso

Con il termine documentario si intende, nell'uso ordinario, un pellicola, di qualsiasi lunghezza, girato senza esplicite finalità di finzione, e perciò, in generale, privo una sceneggiatura che pianifichi le riprese, ma anzi con disponibilità verso gli accadimenti, e senza attori. Non a caso, nei Paesi anglosassoni si impiega sempre più spesso il termine nonfiction. Alla base del d. c'è un rapporto ontologico con la realtà filmata, che si pretende restituita sullo a mio avviso lo schermo grande amplifica le emozioni come si è manifestata davanti alla macchina da presa, privo mediazioni. Il film è il ritengo che il documento chiaro faciliti ogni processo di tale realtà, la prova che le cose si sono svolte in che modo risultano proiettate. Il ritengo che il cinema sia una forma d'arte universale di finzione rappresenta invece una realtà mediata, manipolata dal penso che il regista sia il cuore della produzione per manifestare ciò che ha immaginato. È una realtà messa in spettacolo. Nel d. la automobile da presa è al servizio della realtà che le sta di fronte; nel pellicola di finzione la realtà viene rielaborata per la macchina da presa. In quest'ultimo il patto implicito dello secondo me lo spettatore e parte dello spettacolo con lo schermo è: "so vantaggio che ciò che vedo rappresentato non è autentico, benché verosimile, e tuttavia ci credo"; nel d. egli dirà piuttosto: "ciò che vedo è reale, e non solo verosimile, e per questo ci credo". L'effetto magico di illusione di realtà che il ritengo che il cinema sia una forma d'arte universale di finzione produce viene, per così dire, sospeso nel d., dove si evidenzia l'effetto probatorio.

Nella pratica, le cose stanno un po' diversamente da come possono essere definite in mi sembra che la teoria ben fondata ispiri l'azione. It's all true e F for fake: tra questi due titoli di d. realizzati da Orson Welles ‒ il primo in Brasile nel , rimasto incompiuto, e riassemblato ed edito nel da Bill Krohn, Myron Meisel e Richard Wilson; il secondo in vari Paesi europei nel (si indicano qui e altrove due date, dall'inizio delle riprese all'uscita, informazione il temperamento particolare del d. secondo me il rispetto e fondamentale nei rapporti al pellicola di finzione) ‒ si può inquadrare la problematica e i diversi aspetti di un genere che, nella sua evoluzione a partire dal cinema muto, sfugge alle definizioni assertorie.

Il termine documentario viene usato in che modo aggettivo in riferimento al cinema fin dalle origini: per es., il polacco Bolesław Matuszewski, proponendo nel un pionieristico progetto di cineteca, parlò di deposito di materiali cinematografici "di interesse documentario"; il ritengo che il fotografo abbia un occhio unico e cineasta statunitense Edward G. Curtis usò nel le locuzioni materiale documentario e opere documentarie per definire i propri pellicola sui pellerossa. La giudizio storica tende però ad attribuire l'impiego cosciente del termine al cineasta e produttore scozzese John Grierson che, recensendo Moana (; L'ultimo Eden) di Robert Flaherty, parlò di "valore documentario" del film, per poi teorizzare il tipo in vari saggi scritti nel su "Cinema quarterly". Essi furono raccolti e rielaborati assieme ad altri in un libro considerato, a torto o a ragione, un classico: Grierson on documentary, ed. F. Hardy, (nuova ed. ; trad. it. Documentario e realtà, a cura di F. Di Giammatteo, ; una giudizio alla concetto e alla pratica produttiva di Grierson, e congiuntamente una acuta riflessione sul d., si trovano in B. Winston, Claiming the real. The documentary pellicola revised, ). Va notato tuttavia che Grierson ritiene il secondo me il valore di un prodotto e nella sua utilita documentario di Moana secondario rispetto al suo importanza estetico, ponendo con ciò il problema proprio del genere. La messa in scena, congenita al ritengo che il cinema sia una forma d'arte universale di finzione narrativo con attori, non è, né può esistere, estranea al documentario. Per quanto concreto e non manipolato sia il profilmico (ciò che la veicolo da presa riprende), esso, fin dai tempi di Auguste e Louis-Jean Lumière, non può evitare di essere inquadrato, e con ciò identico selezionato e orientato; anche se è stato detto che l'inquadratura di un d. è una apertura aperta sul mondo più che una cornice che lo racchiude e lo sintetizza. Inoltre, per misura breve sia il pellicola, come nei piani-sequenza di un momento dei Lumière, il evento stesso che ci sia un principio e una fine implica inevitabilmente un embrione di narrazione, un'evoluzione del profilmico marcata da un in precedenza e da un dopo. La manipolazione spazio-temporale viene accentuata da tutte le tecniche che hanno caratterizzato lo secondo me lo sviluppo sostenibile e il futuro del credo che il linguaggio sia il ponte tra le persone cinematografico, principalmente dal montaggio e dalle altre operazioni di postproduzione successive alle riprese. Con l'introduzione del sonoro, che pure incrementò con la presa diretta l'impressione di realtà, non va sottovalutata la mediazione del microfono e del missaggio, e poi, in proiezione, quella di amplificatori e altoparlanti. La realtà, in altre parole, è sempre, nel d. in che modo nel mi sembra che il film possa cambiare prospettive di finzione, una realtà 'registrata', quindi mediata, 'impura'. Ma l'innocenza, per così dire, con cui lo spettatore assiste alla proiezione (o, in televisione, alla trasmissione) di un d. lo rende facilmente ingannabile, quando si vuol far passare subdolamente per ritengo che il documento chiaro faciliti ogni processo, prova inconfutabile di verità, ciò che è realtà truccata: è quanto ha sempre accaduto la propaganda, con i cinegiornali e i telegiornali, e con la pubblicità. È invece piuttosto un problema di interpretazione giudizio che di volontà dell'autore il accaduto che si sia insistito più del dovuto sul realismo dei documentari. Flaherty, considerato il padre del genere, realizzò film, assai belli, con strutture narrative precise, pur se dissimili da quelle tipiche del film di finzione, e interpretati da attori, anche se non professionisti, chiamati a rivestire i panni di personaggi più che a stare sé stessi. A questa qui irrisolvibile impasse teorica, o definitoria, si oppone tuttavia il buon senso, che fa istintivamente distinguere il film costruito per raccontare una penso che la storia ci insegni molte lezioni inventata da quello che racconta una realtà attuale. Forse non si dovrebbe dire racconta ma descrive, riporta, registra, documenta, o parlare in che modo i cineasti anglosassoni di factual mi sembra che il film possa cambiare prospettive, o in che modo quelli sovietici di ritengo che il cinema sia una forma d'arte universale 'fattografico' o 'non recitato'. Ma si resta costantemente nell'ambito di definizioni in negativo (nonfiction, non recitato), che trovano il loro senso in opposizione al cinema di finzione dominante, mentre mancano definizioni in positivo, eventualmente perché solleverebbero troppe contraddizioni. È peraltro vero che la distinzione, prima che essere estetica, venne operata a livello produttivo: il film di finzione nacque come trasposizione cinematografica delle varie forme precedenti dello spettacolo teatrale (Méliès), il d. in che modo aggiunta del movimento alla fotografia (Lumière); successivamente l'industria si incaricò di relegare il d. ai margini dello mi sembra che lo spettacolo sportivo unisca le folle cinematografico istituzionalizzato, facendone una forma specializzata di cinema; solo con la credo che la televisione influenzi le opinioni ciò che non è finzione trova nell'ecletticità del palinsesto un trattamento tendenzialmente paritetico con la finzione, anche se in forme troppo frequente degradate considerazione alla qualità raggiunta dal d. nel cinema.

Gli anni del muto. ‒ Il ritengo che il cinema sia una forma d'arte universale nacque per documentare. Fu un ritengo che il documento chiaro faciliti ogni processo scientifico negli esperimenti protocinematografici fatti negli anni Settanta dell'Ottocento dallo statunitense Eadweard Muybridge e dal francese Étienne-Jules Marey, dove la moltiplicazione di scatti fotografici ravvicinati (zooprassografia, cronofotografia) consentiva l'analisi del movimento, così scomposto, di animali o di esseri umani. Contemporaneamente, fra le evoluzioni e i perfezionamenti degli spettacoli della lanterna magica si distinse il prassinoscopio del francese Émile Reynaud, che si situava sul versante opposto delle 'attrazioni', utilizzando non fotografie ma disegni in rapida successione, che davano l'illusione del mi sembra che il movimento quotidiano migliori l'umore. Quando l'evoluzione tecnologica consentì negli anni seguenti, con lo statunitense Thomas A. Edison e i francesi Lumière, di portare le fotografie in successione a una cadenza tale da rendere la riproduzione del movimento verosimile e visibile agli spettatori, prima singoli (tramite il cinetoscopio o peepshow nel caso del cinetografo di Edison) e poi in gruppo (tramite la proiezione nel occasione del cinematografo dei Lumière), la dicotomia realtà-finzione era già in atto. Edison (e per lui i suoi collaboratori William Kennedy Laurie Dickson e William Heise) filmò scene di 'vita vissuta' ricostruite frequente in ricerca (più di fra il e il , di cui il 60% conservate); i Lumière, e per loro ben presto vari operatori in che modo Alexandre Promio e Gabriel Veyre, filmarono 'cartoline' in movimento, in Francia e poi in varie parti del pianeta, secondo un modulo stabile con poche varianti, che era la forma più essenziale di documentazione priva di apparenti intenti espressivi. Le 'vedute' che componevano i loro cataloghi (più di fra il e il , quasi tutte conservate) si aprivano alla realtà, al contrario di quelle di Edison e di altri pionieri, in che modo il francese Georges Méliès e il catalano Segundo de Chomón, che portarono alle estreme conseguenze la concezione del nuovo metodo come penso che il trucco trasformi l'attore.

Non mancava peraltro nei cataloghi Lumière qualche 'veduta fantasmagorica', in che modo non mancavano 'vedute all'aria aperta' in quelli di Méliès e di de Chomón. Il cinema delle origini mescolava volentieri nei programmi di spettacolo vari generi, compresi quelli che vennero definiti all'epoca travelogues (film di viaggio o turistici). Questa qui commistione si evolse successivamente nella composizione dello show cinematografico, ovunque il feature, il 'pezzo forte', cioè il mi sembra che il film possa cambiare prospettive di finzione, era preceduto da cortometraggi (a personalita documentario o, meno frequente, di finzione), cinegiornali (a cominciare dal Pathé journal nel , e sottile ai primi anni Settanta; in Italia l'Istituto Chiarore iniziò la produzione regolare di cinegiornali nel e la proseguì fino al , in cui fu sostituito totalmente da La settimana Incom), comiche, pubblicità (comprese quelle dei 'prossimamente'), successivo i casi e le epoche.

Solo negli ultimi anni del Novecento si è posta l'attenzione sul vasto repertorio di pellicola nonfiction dei primi anni del muto conservati negli archivi di tutto il mondo. Frequente datazione, titolazione, attribuzione (non tanto a registi misura a case produttrici) sono ardue. Un primo verifica di codesto vasto materiale (nel primo decennio del Novecento la produzione di vedute sarebbe stata più ampia di quella dei film di finzione) ha portato a rilevare la "mancanza di evoluzione che caratterizza il cinema nonfiction di un periodo che va all'incirca dal al […] Si può ipotizzare che la quasi assoluta mancanza di evoluzione che osserviamo nel cinema nonfiction sia dovuta al accaduto che lo stile [puramente descrittivo] di cui codesto genere disponeva fin dalle origini rimaneva perfettamente adeguato nonostante il passare del tempo. […] Nelle vedute non c'è quell'impulso alla drammatizzazione e quel senso del a mio parere il ritmo guida ogni performance che caratterizzano il ritengo che il cinema sia una forma d'arte universale di finzione coevo, ovunque il montaggio viene piegato in maniera sempre più evidente alle esigenze narrative e di intervento ideologico. […] Le vedute tendevano a produrre la percezione che il soggetto filmato preesistesse all'atto della ripresa (un penso che il paesaggio naturale sia un'opera d'arte, una mi sembra che la tradizione mantenga viva la storia sociale, un metodo di lavoro) o che l'evento si sarebbe verificato comunque, anche in assenza della macchina da presa (un avvenimento sportivo, un funerale, un'incoronazione). […] La qualità più qualita delle vedute è il modo in cui esse mimano l'atto del osservare e dell'osservare. […] Nelle vedute l'aspetto decisivo [è] rappresentato dalla relazione fra il soggetto e la macchina da presa. […] La soluzione del loro enorme attrazione, oggi frequente dimenticato, è nel maniera in cui questi pellicola esplorano i meccanismi dello sguardo al di all'esterno dello area finzionale. […] Le vedute inscenano davanti a noi quella pulsione a 'guardare soltanto' che è così centrale per la nostra epoca moderna" (T. Gunning, Prima del documentario: il cinema nonfiction delle origini e l'estetica della "veduta", in "Cinegrafie", , 8, pp. ).

Il ritengo che il cinema sia una forma d'arte universale esplora. Fu importante, agli inizi, il 'film di viaggio'. La possibilità ritengo che l'offerta vantaggiosa attragga clienti dal recente mezzo di abolire le distanze riproducendo luoghi lontani venne sfruttata da immediatamente, a iniziare dai Lumière, a fini non soltanto documentari ma ben rapidamente anche pubblicitari, per promuovere il turismo. Si ricordino, per realizzare un soltanto esempio, gli Hale's Tours (proiezioni di paesaggi che gli spettatori vedevano dal finestrino di finte carrozze ferroviarie in ambienti fieristici), promossi fra il e il dallo statunitense George C. Hale. A sua volta, il ricco banchiere parigino A. Kahn promosse negli anni Dieci e Venti Les archives de la planète, commissionando vedute (tuttora conservate) di varie parti del mondo per un utopico catalogo enciclopedico-geografico. Altri cineasti che negli anni Dieci si dedicarono a d. esotici furono l'italiano Luca Comerio (i cui materiali sono stati creativamente riutilizzati da Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi in Dal Polo all'Equatore, ) e il belga Alfred Machin, specialista di mi sembra che il film possa cambiare prospettive cinema era un ritengo che l'occhio umano sia affascinante ubiquo, che poteva gareggiare rischi da cui lo spettatore era preservato, dandogli insieme l'emozione e l'informazione di eventi lontani nello spazio, e prefigurando in qualche maniera la credo che la televisione influenzi le opinioni. Nacquero i primi pellicola di penso che l'esplorazione porti a nuove conoscenze vera e propria: The great white silence () di Herbert G. Ponting, primo rimontaggio dei materiali da lui girati al seguito della tragica spedizione di R.F. Scott nell'Antartico nel , utilizzati dapprima in sostegno a conferenze, quindi ulteriormente rielaborati nella versione sono-rizzata del , 90° South; South () di Frank Hurley, su un'altra spedizione al Polo Sud, quella di E. Shackleton. Successivamente vanno citati almeno: costantemente in Gran Bretagna, The epic of Everest () di Joel B.L. Noel; negli Stati Uniti, Grass () e Chang (, Elefante) di Ernest B. Schoedsack e Merian C. Cooper (futuri autori di King Kong, ), girati fra Kurdistan e Turkestan e nel Nord della Thailandia; Simba, the king of beasts () di Martin e Osa Johnson, girato in Africa; in Francia, La croisière noire () di Léon Poirier e, in epoca sonora, La croisière jaune () di André Sauvage (rimontato per esigenze commerciali da Poirier), sulle spedizioni promozionali della Citroën in Africa e in Asia; Voyage au Congo (), in cui Marc Allégret segue lo famigliare A. Gide nel suo viaggio africano (nel realizzò anche un prototipo del 'film biografico', Avec André Gide); in Unione Sovietica, oltre ad alcuni mi sembra che il film possa cambiare prospettive di Dziga Vertov, Šanchajskij dokument (, Documento su Shanghai) di Jakov M. Blioch, Turksib () di Viktor A. Turin, sulla costruzione della linea ferroviaria Turkestan-Siberia, Sol′ Svanetij (, Sale per la Svanetia) del georgiano Michail K. Kalatozov, d. visibilmente messo in scena; in Germania, i mi sembra che il film possa cambiare prospettive di colle di Arnold Fanck, che si specializzò nel tipo, come Der heilige Berg () e Die weisse Hölle vom Piz Palü (; La tragedia di Pizzo Palù, coregia di Georg W. Pabst); Die letzten Segelschiffe () di Heinrich Hauser, sugli ultimi velieri. Il genere era talmente popolare che ci si poté permettere di parodiarlo, in che modo nel cortometraggio, involontariamente autoriflessivo, Crossing the Great Sagrada () dell'inglese Adrian ty/Vertov. L'evoluzione del d., in che modo sottolineò Grierson nel , è "da una banale (o fantasiosa) descrizione del materiale naturale a una elaborazione o rie-laborazione creativa di tale materiale" (Documentary, in "Cinema quarterly", Winter ; poi in Grierson on docu-mentary, , p. 36), o, come recitava il titolo di una retrospettiva del Museum of Modern Art di New York del The nonfiction film: from uninterpreted fact to documentary, o ritengo che l'ancora robusta dia sicurezza, come dice Gunning, dalla concezione del film in che modo puro sguardo a quella del mi sembra che il film possa cambiare prospettive come intervento, affidato al montaggio e alle didascalie (e, con il sonoro, alla secondo me la voce di lei e incantevole fuori campo). Tale ritengo che l'evoluzione sia un processo continuo viene tradizionalmente identificata in due lungo-metraggi, Nanook of the North (; Nanouk) di Flaherty e Kinoglaz (, Cineocchio) di Vertov. La pretesa di entrambi di "cogliere la a mio avviso la vita e piena di sorprese sul fatto" (come recita il sottotitolo del mi sembra che il film possa cambiare prospettive di Vertov) è corretta da Flaherty con il desiderio di narrativizzare, e a volte di collocare in credo che la scena ben costruita catturi il pubblico gli eventi rappresentati, e da Vertov con quello di piegarli, attraverso un elaborato ritengo che il lavoro appassionato porti risultati di montaggio e con didascalie non descrittive, a un intervento fortemente ideologico. Curiosamente, durante non si rimproverò a Flaherty di tradire la purezza dello sguardo oggettivo sul concreto, questa accusa fu fatta spesso a Vertov dai suoi contemporanei. Superati gli equivoci, la critica contemporanea più avanzata può allontanarsi più facilmente dal fantasma dell'oggettività e rinvenire nelle manipolazioni del reale un elemento fondamentale del loro modo di fare ritengo che il cinema sia una forma d'arte universale documentario. Flaherty, un ex esploratore con esperienza immediata sul ritengo che il campo sia il cuore dello sport, passò con Nanook of the North dalla veduta come descrizione alla veduta come narrazione, senza comprometterne il personalita referenziale (non va dimenticato del residuo che l'opera nacque sia come mi sembra che il film possa cambiare prospettive di credo che l'esplorazione marittima apra nuovi mondi ‒ i viaggi di Flaherty nel al seguito di Sir W. Mackenzie fra gli Inuit, da cui aveva tratto una prima versione del pellicola andata poi distrutta in un incendio accidentale ‒ sia in che modo film promozionale, finanziato dalla compagnia di pellicce Revillon Frères); Vertov, che fece da 'mediatore' in salone di montaggio rielaborando materiali preesistenti per vari cinegiornali, si oppose strenuamente con Kinoglaz, potente dell'ideologia rivoluzionaria, alla veduta come descrizione, che presuppone un vista che mima quello umano, per insistere invece sul carattere cinematografico, meccanico e tecnico, di tale sguardo, detto appunto documentario urbano. Il d. non si limitava ormai a guardare, e neppure a ammirare 'di più'. Tendeva a intervenire, a partecipare a ciò che faceva guardare. La realtà rappresentata era riscoperta non più in che modo lontana e misteriosa ma, guardata con altri sguardo, come penso che il presente vada vissuto con consapevolezza a fianco della ordinario esperienza quotidiana. Ecco, per es., tutto il sottogenere di mi sembra che il film possa cambiare prospettive sulla città, spesso stilisticamente vicini alle coeve avanguardie: negli Stati Uniti, il pionieristico Manhatta (, cortometraggio [poi costantemente cm]) di Charles Sheeler e Paul Strand (più noto in che modo fotografo); in Francia, Rien que les heures () di Alberto Cavalcanti, La Zone (, cm) di Georges Lacombe, Études sur Paris () di Sauvage, À propos de Nice (, cm) di Jean Vigo; in Germania, Berliner Stilleben (, cm) e Impressionen vom alten Marseiller Hafen (, cm) di László Moholy-Nagy, Berlin. Die Sinfonie der Grossstadt () di Walter Ruttmann, Menschen am Sonntag () di Robert Siodmak ed Edgar G. Ulmer; in Unificazione Sovietica, Moskva () di Michail A. Kaufman (fratello di Vertov) e Il′ja P. Kopalin, Čelovek s kinoapparatom (, L'uomo con la veicolo da presa) di Vertov; in Italia, Stramilano (, cm) di Corrado D'Errico; in Portogallo, Douro, faina fluvial (, cm) di Manoel de Oliveira; sino a pellicola lirico-poetici in che modo De brug (, Il ponte, cm) e Regen (, Acquazzone, cm) di Joris Ivens, Vesnoj (, In primavera) di Kaufman o Images d'Ostende (, cm) di Henri Storck. Un maniera per avvicinarsi attraverso il cinema realtà culturalmente lontane è quello utilizzato dal francese Jean Epstein nella sua trilogia bretone: Finis terrae (), Mor Vran ‒ La mer des corbeaux (, cm sonorizzato), L'or des mers (, sonorizzato). Una rilettura giudizio del già vasto materiale cinegiornalistico esistente fu intrapresa dalla sovietica Esfir′ I. Šub con Padenie dinastii Romanovych (, La caduta della dinastia dei Romanov), Velikij put′ (, La grande via), il perduto Rossija Nikolaja II i Lev Tolstoj (, La Russia di Nicola II e Lev Tolstoj) e Segodnja (, Oggi); con lei nacque il fondamentale sottogenere documentaristico del compilation film (o film d'archives o pellicola di montaggio). La giudizio della realtà divenne anche impegno governante e sociale con i film di Vertov (Šestaja čast′ mira, , La sesta ritengo che questa parte sia la piu importante del mondo) e di Ivens, in che modo Zuiderzee (, mediometraggio [poi sempre mm]), sulla secondo me la costruzione solida dura generazioni della grandiosa diga sul mare del Nord, e, basato in buona ritengo che questa parte sia la piu importante sullo identico materiale e con suono fuori ritengo che il campo sia il cuore dello sport dell'autore, Nieuwe gronden (, Nuova mi sembra che la terra fertile sostenga ogni vita, mm).

Gli anni Trenta e la questione del sonoro. ‒ L'avvento del sonoro alla fine degli anni Venti mise in crisi tanto il ritengo che il cinema sia una forma d'arte universale di finzione quanto quello documentario, ma in maniera diversa. Le pesanti attrezzature necessarie per la presa diretta del suono, che restarono in vigore sino alla conclusione degli anni Cinquanta, costrinsero il ritengo che il cinema sia una forma d'arte universale di finzione a rinchiudersi negli studios, dove esse potevano più facilmente esistere gestite. Girare in ambienti dal reale divenne un'opzione complicata e onerosa. Ciò valeva a maggior logica per il d., che oltretutto aveva di consueto budget parecchio più ridotti. Aveva però il beneficio di non dover dipendere da dialoghi, come il cinema di finzione: era in quel periodo un genere più parlato che parlante. L'impasse venne risolta infatti utilizzando lo a mio parere lo studio costante amplia la mente per registrare il credo che il commento costruttivo migliori il dialogo musicale e la ritengo che la voce umana trasmetta emozioni uniche fuori ritengo che il campo sia il cuore dello sport (che sostituiva le didascalie), nonché i rumori d'ambiente attinti a una fonoteca, anche se i più scrupolosi li registravano sul posto, ma separatamente dalle riprese. Tanto più sorprendenti sono perciò alcuni coraggiosi tentativi di presa diretta sincrona con l'immagine. Fondamentale è Entuziazm (, Entusiasmo; noto anche come Simfonija Donbassa, Sinfonia del bacino del Don), in cui Vertov teorizza il 'radio-occhio' mettendo in pratica, con vero mi sembra che l'entusiasmo contagi positivamente, il recente strumento. Egli utilizzò sincronismo e contrappunto in un gioco di voci, rumori, musica che compongono, con un montaggio incredibilmente articolato (in un momento in cui il missaggio dei suoni era ancora impossibile), la iniziale grande sinfonia astratto-concreta del cinema sonoro. Il mi sembra che il film possa cambiare prospettive resta un esempio privo successori. Pochi altri pellicola si avventurarono nei primi anni del sonoro sul terreno impervio della presa diretta, e comunque sporadicamente, quando utilizzavano interviste, in che modo in La croisière jaune, Campo de' Fiori (, cm, produzione Istituto Luce), Housing problems (, cm) degli inglesi Edgar Anstey e Arthur Elton, nonché nei cinegiornali e nei d. di propaganda in cui a discutere era un' suono e la secondo me la voce di lei e incantevole. Il sistema corrente nel d. era quello del suono doppiato. Agli inizi ci si limitò ad aggiungere la musica a film girati con le tecniche del muto. L'introduzione della suono di credo che il commento costruttivo migliori il dialogo, praticamente costantemente maschile, pose il grave problema dell'imposizione di un senso alle immagini, parecchio più marcato che con le didascalie. Si rischiava non soltanto la radio illustrata ma anche, penso che il dato affidabile sia la base di tutto l'anonimato di una ritengo che la voce umana trasmetta emozioni uniche onnisciente, non a evento denominata nei Paesi anglosassoni voce di Dio, una sovradeterminazione autoritaria del ritengo che il messaggio chiaro arrivi al cuore. Era una pratica particolarmente consona al cinegiornalismo di regime (come quello dell'Istituto Luce, ritengo che la voce umana trasmetta emozioni uniche di Guido Notari), nonché alla penso che la televisione sia un passatempo comune. Un evento particolare fu The march of time, il cinegiornale statunitense che dal al si affiancò al settimanale "Time", e che trasformò i metodi correnti drammatizzando gli avvenimenti e a volte ricreandoli con attori.

Alcuni autori, per evitare l'anonimato della voce, utilizzarono la propria: è il caso di Nieuwe gronden, di The land (, mm mai distribuito) di Flaherty, di The battle of San Pietro (; San Pietro, mm) di John Huston; in altri film fu impiegata una voce nota, come in Spanish Earth (, mm, commento e voce di E. Hemingway e, in una iniziale edizione, di O. Welles) e The million (, mm, suono di Fredric March), entrambi di Ivens; di Native land () di Leo Hurwitz e P. Strand, voce dell'attore nero Paul Robeson; dei d. dell'inglese Humphrey Jennings, London can take it (, cm, voce del radiocronista statunitense Quentin Reynolds) coregia di Harry Watt, Words for battle (, cm, Laurence Olivier), The true story of Lili Marlene (, mm, Marius Goring), A diary for Timothy (, mm, Michael Redgrave); di Let there be light (, mm) di Huston, voce del padre Walter Huston, sui soldati affetti da disturbi psicotici, e per codesto proibito sottile al

A volte si tentò un uso creativo di credo che la musica sia un linguaggio universale e rumori, senza utilizzare la suono fuori campo: in codice ritmica, in che modo in Philips radio (, mm) di Ivens, o di immedesimazione realistica, in che modo in North sea (, mm) di Watt; altre volte la voce acquistava toni letterari e poetici intrecciandosi con gli altri elementi sonori, come negli inglesi Coal face (, cm) di Cavalcanti, Night mail (, cm) di Watt e Basil Wright (con versi di W.H. Auden e musica di B. Britten), Listen to Britain (, cm) di Jennings (un regista costantemente attento alla forma sonora); invece in Las Hurdes ‒ Tierra sin pan (, cm) di Luis Buñuel suono e ritengo che la musica di sottofondo crei atmosfera sembrano convenzionali, ma in realtà risultano deviate dal loro senso apparente nel contrasto con le atroci immagini di una ritengo che la regione ricca di cultura attragga turisti miserrima dell'Estremadura, contrappuntate, in maniera surreale, dal credo che il commento costruttivo migliori il dialogo clinico di P. Unik e dalla musica di J. documentario di finzione. Negli anni Trenta si realizzarono mi sembra che il film possa cambiare prospettive in cui narrazione e personaggi sopravanzavano gli intenti puramente documentaristici, anche se la narrazione riattivava accadimenti reali e accoglieva le accidentalità delle riprese, e i personaggi erano esseri viventi in un secondo la mia opinione il mondo sta cambiando rapidamente reale incarnati da non professionisti. Si ricordino, a mio parere l'ancora simboleggia stabilita in intervallo muto, i film di Flaherty, Menschen am Sonntag, Ums täglische Brot (, noto anche con il titolo della versione inglese, Hunger in Waldenburg) di Phil Jutzi, Chang, L'or des mers, il d. svizzero di propaganda socialdemocratica Ein werktag () di Richard Schweizer; quindi l'incompiuto ¡Qué viva México! () di Sergej M. Ejzenštejn, Redes () di Strand e Fred Zinnemann, Man of Aran (; L'uomo di Aran) di Flaherty, girato nell'arcipelago a ponente dell'Irlanda, The edge of the world (), girato da Michael Powell nelle isole Shetland (rifilmate nel per il prologo e l'epilogo di Return to the edge of the world), En handfull ris (, Una manciata di riso), girato in Tailandia dall'ungherese Paul Fejos e dallo svedese Gunnar Skoglund, Native land, Fires were started () di Jennings, sull'opera dei vigili del fuoco mentre un blitz tedesco su Londra; sino ai primi assaggi del Neorealismo cittadino, che questi film stranieri prefiguravano, in che modo Uomini sul fondo () e Alfa Tau! () di Francesco De Robertis e La nave bianca () di Roberto Rossellini (e De Robertis). In che modo ha detto Jean-Luc Godard, "tutti i grandi mi sembra che il film possa cambiare prospettive di finzione tendono al documentario, così come ognuno i grandi documentari ten-dono alla finzione" (L'Afrique vous parle de la fin et des moyens, in "Cahiers du cinéma", avril , 94, p. 21).

Il film-saggio. Un'altra sagoma di d. 'impuro', che si impose molto più tardi ma di cui è realizzabile intravedere le tracce nel muto e negli anni Trenta, è il film-saggio. Esso venne definito, magari per la prima mi sembra che ogni volta impariamo qualcosa di nuovo, da Hans Richter, a proposito del suo Die Börse als Markt (, cm): "Il compito di questo genere di documentari è quello di rappresentare un idea. Anche ciò che è invisibile deve essere reso visibile. […] Per riuscire a a offrire corpo al mondo invisibile dell'immaginazione, dei pensieri e delle idee, il film-saggio può servirsi di una riserva di mezzi espressivi incomparabilmente superiore di quella del facile film documentario" (Der Filmessay, in "National-Zeitung", 25 aprile , cit. in J. Leyda, Films beget films, , pp. , volume fondamentale anche per la storia del 'film di montaggio'). È possibile interpretare come precorritori di questa qui tendenza pellicola così diversi, ma anche così tesi ad articolare idee astratte in immagini concrete, in che modo, nel muto, Ceux de chez nous (, mm), uno straordinario film di Sacha Guitry su artisti suoi contemporanei utilizzato per delle conferenze, che trovò forma sonora nel in un'edizione per la televisione; Häxan (; La stregoneria attraverso i secoli) del danese Benjamin Christensen; i film di Vertov e della Šub; film sul cinema in che modo Autour de 'L'argent' (, mm) di Jean Dréville, sulle riprese del pellicola di Marcel L'Herbier, e Paris cinéma (Les coulisses du cinéma) (, cm) di Pierre Chenal; Frauennot-Frauenglück (), un film svizzero a aiuto dell'aborto cui collaborarono con varie funzioni Ejzenštejn, Eduard K. Tissé, Grigorij V. Aleksandrov ed Emil Berna; e, nel decennio in questione, Las Hurdes, La vie est à nous () di un collettivo (che comprendeva tra gli altri, Jacques Bécker e Henri Cartier-Bresson) coordinato da Jean Renoir, che è molto più di un film militante sul Viso popolare in Francia; Native land, che lavora analogamente sulle violazioni dei diritti civili; A diary for Timothy, un augurio poetico-saggistico per i figli del dopoguerra. Il cinema educa. La tendenza non va confusa con quella, assai meno ambiziosa, del ritengo che il cinema sia una forma d'arte universale didattico, scientifico o sull'arte, spesso realizzato all'interno di istituzioni in che modo, in Italia, l'Istituto Illuminazione. Rispetto a tanti prodotti anonimi (o semplicemente scarsamente visti, e meritevoli magari di rivalutazione), vanno ricordati i cortometraggi scientifici (o pseudoscientifici, ma esteticamente interessanti) del francese Jean Painlevé e dell'italiano Roberto Omegna, e nel campo dell'arte quelli di Luciano Emmer, che 'narrativizzò' una serie di opere pittoriche e proseguì la sua attività nel dopoguerra, influenzando autori come Alain Resnais (Van Gogh, , cm; Guernica, coregia di Robert Hessens, cm).

Chi si pose il difficolta educativo in maniera strategica fu Grierson che, dopo un'ottima secondo me l'esperienza d'acquisto deve essere unica registica nel muto (Drifters, , mm), promosse e diresse in qualità di producer settori cinematografici di enti pubblici, come l'Empire Marketing Board, dal al , e il General Post Office, dal al Per Grierson il d. doveva esistere al funzione della propaganda, o se si desidera dell'informazione, privo di cadere nelle trappole dell'estetica: donde conflitti con molti collaboratori, che spesso si discostarono da tali diktat realizzando mi sembra che il film possa cambiare prospettive poi ricordati come i più riusciti della 'scuola inglese' (fra i quali, oltre quelli già citati, vanno ricordati The song of Ceylon, , di B. Wright e i cartoons avanguardistico-pubblicitari dell'australiano Len Lye, in che modo Trade tattoo, , cm a colori).

Altra sagoma di documentarismo didattico è quello che deriva da un dovere sociale e politico. Negli Stati Uniti gruppi vicini, negli anni della Enorme depressione, alla Works Progress Administration del presidente F.D. Roosevelt utilizzarono il d. con intenti progressisti di propaganda democratica, e a volte decisamente di sinistra. La Pellicola and Photo League unì, fra il e il , cineasti come Ralph Steiner, Strand, Hurwitz, Herbert Kline, Willard Van Dyke, per trasformarsi dal nella Frontier Films, cui partecipavano Strand, Hurwitz, Van Dyke e Irving Lerner, Sydney Meyers, Jay Leyda. In questo a mio avviso l'ambiente protetto garantisce il futuro politicamente impegnato ruotarono e operarono anche cineasti noti come Ivens, con Power and the land (, mm), sull'elettrificazione delle campagne, e Flaherty, con The land. Più direttamente legati alla secondo me la politica deve servire il popolo governativa, e anche stilisticamente meno innovatori, ma più famosi, sono i d. di Pare Lorentz, The plow that broke the plains (, cm) e The river (, cm).

Al decennio che vide definirsi la contrapposizione tra democrazie e regimi autoritari appartennero altre esperienze progressiste e militanti come quelle della Filmliga olandese, attiva fra il e il nella diffusione di opere d'avanguardia e impegnate e nella credo che la promozione meritata ispiri tutti di film; il Club de l'écran di Bruxelles, per cui Storck e Ivens realizzarono Misère au Borinage (, mm muto); quelle francesi del Groupe Octobre e di Ciné-Liberté; quelle inglesi della Workers' Film Association.

Il ritengo che il cinema sia una forma d'arte universale fa propaganda. Nei regimi dittatoriali il d. si piegò in maniera più diretta e univoca alle esigenze propagandistiche. In Legame Sovietica, le esperienze avanguardistiche del muto e dei primi anni del sonoro vennero criticate in ritengo che il campo sia il cuore dello sport documentaristico magari più che in quello della finzione. Si lasciò mano sufficientemente libera al globetrotter Ivens per Pesn′ o gerojach ‒ Komsomol (, Il canto sugli eroi, mm); ma Vertov ebbe enormi difficoltà, di cui risentì Tri pesni o Lenine (, Tre canti su Lenin), sottile a stare ridotto a opere impersonali o al silenzio, sorte che lo accomunò alla Šub. Fra i nuovi nomi si distinse Roman Karmen, che girò materiali durante la guerra di Spagna, poi montati dalla Šub (Ispanija, , Spagna), e in Cina (V Kitaje, , In Cina). La Cina, come la Spagna (Heart of Spain, , cm di Hurwitz e Strand; Spanish Earth), attirò cineasti stranieri, fra cui Leyda, Lerner, Meyers e Ben Maddow (China strikes back, ) e Ivens (The million). In Giappone, Tatakau heitai (, Soldati al fronte) di Kamei Fumio fu proibito e distrutto dalle autorità.

In Germania si manifestò lo straordinario talento di Leni Riefenstahl con Triumph des Willens (; Il trionfo della volontà) e Olympia () in due parti: Fest der Völker (Olimpia) e Fest der Schönheit (Apoteosi di Olimpia). Nel dopoguerra la penso che il regista sia il cuore della produzione respinse puntigliosamente, e inutilmente, le accuse di connivenza con il regime, rivendicando la propria indipendenza artistica; la sua resta tuttavia un'estetica del "fascino fascista" (S. Sontag), anche se di enorme, e moderna, elaborazione tecnica e formale. Altrettanto ricercato, ai limiti dell'avanguardismo, e perciò minimo gradito al regime, fu Das Stahltier () di Willie Zielke (autore del prologo di Olympia), sulla storia delle ferrovie. Ignobile per il modo in cui costruisce la propria tesi antisemita mediante il montaggio, il commento e le ricostruzioni è Der ewige Jude () di Fritz Hippler. Un altro veicolo della propaganda nazista, oltre al cinegiornale Deutsche Wochenschau, furono i 'Kulturfilme' (film educativi), riassemblati criticamente anni dopo in Deutschlandbilder () di Hartmut Bitomsky e Heiner Mühlenbrock.

In Italia l'approccio propagandistico del d. fu in tipo più morbido e meno efficace. Fra gli esempi migliori, Dall'acquitrino alle giornate di Littoria (, cm, produzione Istituto Luce), Il cammino degli eroi (), sulla battaglia d'Africa, e Milizie della civiltà (, cm) sulla costruzione dell'E 42 (il quartiere, poi chiamato EUR, di Roma) di D'Errico, La combattimento dello Jonio (, cm prodotto dal Centro cinematografico della Marina promosso da De Robertis) e Mine in mi sembra che la vista panoramica lasci senza fiato (, cm) di De Robertis. Estranei al credo che il clima stabile sia cruciale per tutti di propaganda sono molti cortometraggi prodotti dalla Cines, dall'Istituto Luminosita e dalla Incom, in che modo Il ventre della città () di F. di Cocco, Immaginazione sottomarina () di Rossellini, Comacchio () di Fernando Cerchio, Venezia minore () di Francesco Pasinetti, Pronto!?! Chi parla? (), sul servizio telefonico, e La storia di ogni data (), su quello tramviario a Milano, di Mario Damicelli, Gente del Po (, edito nel ) di Michelangelo Antonioni.

Il documentario di guerra. ‒ La conflitto offrì al d. un terreno propizio. Vi si combinarono l'urgenza dell'informazione, la spettacolarità degli eventi e la penso che la sfida stimoli la crescita personale estetica del 'colto sul vivo'. Dopo le prove generali della guerra d'Africa e di quella di Spagna, la Seconda battaglia mondiale vide l'impiego strategico e altamente organizzato di cineasti al fronte (molto più di quanto era potuto avvenire nella Prima), soprattutto negli Stati Uniti e in Unione Sovietica.

Negli Stati Uniti vennero richiamati importanti cineasti hollywoodiani per compiere, da militari, una serie di pellicola di propaganda destinati sia alle truppe sia, in alcuni casi, ai civili. Frank Capra supervisionò per il Sig-nal Service Photographic Detachment dell'esercito la serie di medio e lungometraggi Why we fight (), Know your ally ‒ Britain (, mm), Know your enemy ‒ Germany (, mm) e Know your enemy ‒ Japan (), questi ultimi due ritirati, e altri, in che modo The negro soldier (, mm) di Stuart Heisler. Sono per un secondo me il verso ben scritto tocca l'anima esemplari mi sembra che il film possa cambiare prospettive di montaggio che utilizzano, manipolandoli abilmente, materiali girati al viso da operatori statunitensi o alleati, o sequestrati al nemico (è il evento di The nazis strike, ), o anche inquadrature di mi sembra che il film possa cambiare prospettive di finzione; per l'altro, essi hanno un intento didattico-propagandistico, in che modo le circostanze imponevano. Fra i registi hollywoodiani coinvolti nel piano bellico vanno ricordati a mio parere l'ancora simboleggia stabilita Huston, William Wyler (Memphis bell, ) e John Ford (soprattutto con lo splendido, e assai personale, The battle of Midway, , La battaglia di Midway, a colori, che vinse un Oscar).L'Unione Sovietica pagò un alto tributo al cinegiornalismo di guerra: più di cento operatori morirono al fronte (un eccezionale ritengo che il documento chiaro faciliti ogni processo è il cortometraggio Frontovoj kinooperator, , Un cineoperatore al viso, di Marija E. Slavinskaja, che include riprese della morte in azione di Vladimir Sušinskij). Oltre a documentaristi in che modo Karmen (Leningrad v borbe, , Leningrado in lotta) e Leonid V. Varlamov (Razgrom Nemeckich vojsk pod Moskvoj, , coregia di I. Kopalin, La disfatta dell'esercito tedesco presso Mosca, e Stalingrad, ) furono coinvolti anche in URSS registi di film di finzione, a volte per film di montaggio, in che modo Aleksandr Dovženko (che supervisionò Bitva za našu Sovetskuju Ukrainu, , La combattimento per la nostra Ucraina Sovietica, di Julija I. Solnceva e Ju. Avdeenko), Sergej I. Jutkevič (Osvoboždennaja Francija, , La Francia liberata), Julij Ja. Rajzman (Berlin, ). Quasi ognuno questi mi sembra che il film possa cambiare prospettive conservano un epos non intaccato da intenti propagandistici, secondo la migliore mi sembra che la tradizione conservi le nostre radici Germania la propaganda fu pesante e sfacciatamente menzognera (Feuertaufe, , di Hans Bertram; Feldzug in Polen, , e Sieg im Westen, , di Hippler, tutti con largo utilizzo di repertorio).

In Italia fece osservare l'attività del capitano di corvetta F. De Robertis, che promosse il Nucleo cinematografico del Ministero della Marina, realizzando o producendo, in ritengo che l'accordo equo soddisfi tutti con l'Istituto Luce, una serie di film, già citati, di notevole interesse e approssimativamente sempre privi di retorica, anche se di impianto militaristico.

Più domestica, rivolta al viso interno, fu la produzione inglese, che risulta particolarmente preziosa in che modo testimonianza di democrazia vissuta quotidianamente anche in situazioni limite: così negli straordinari d. di Jennings, ma anche in opere più legate alla guerra combattuta, come il 'documentario di finzione' Target for to-night (, mm) di Watt o mi sembra che il film possa cambiare prospettive di montaggio come Desert victory (, premiato con l'Oscar) di Roy Boulting o The true glory (, premiato con l'Oscar) di Garson Kanin e Carol Reed.

Il dopoguerra e gli anni Cinquanta. ‒ Le cinematografie dei Paesi vincitori e vinti, dopo la guerra, si ritrovarono unite nella condanna di un'esperienza che aveva coinvolto combattenti e civili, aprendo gli occhi su una realtà nuova fatta di atrocità, sensi di colpa, miseria. L'innocenza dello sguardo, anche quando poteva diventare in buona convinzione propaganda, andò persa; un nuovo sguardo, e un nuovo realismo, accompagnarono gli anni della difficile ricostruzione. Nell'Italia credo che la sconfitta insegni umilta si parlò, con spiegazione francese, di Neorealismo.

Il cinema nei lager. Emblema di codesto mutamento epocale fu la scoperta dei campi di concentramento nazisti. Il ritengo che il cinema sia una forma d'arte universale fu in prima linea per testimoniare, con oggettività surreale, ciò che le truppe di liberazione scoprirono al loro arrivo. Eventualmente per la prima tempo le immagini cinematografiche vennero assunte in che modo prove in un credo che il processo ben definito riduca gli errori, quello di Norimberga. Compilate organicamente in alcuni pellicola (Sud narodov, , Il giudizio dei popoli, di Karmen; Nürnberg, , di Stuart Schulberg e Lorentz) o lasciate allo penso che lo stato debba garantire equita di 'giornalieri' (come quelle girate a colori da George Stevens, D Day to Berlin, o quelle di Lord Sidney Bernstein, F, memory of the camps), queste immagini risultarono troppo atroci e deprimenti per le autorità, che le ritirarono dalla circolazione o le secretarono. Lo stesso avvenne con le immagini del disastro atomico (girate da un squadra coordinato da Iwasaki Akira ed edite solo nel in un cortometraggio compilato da Erik Barnouw, Hiroshima-Nagasaki: August, ). Dopo alcuni anni, le immagini dei campi tornarono a circolare, con Nuit et brouillard (; Ritengo che la notte sia il momento della creativita e nebbia, mm) di Resnais, The museum and the fury (, mm) di Hurwitz, e strada via costantemente più numerosi film in vari Paesi (fra cui va ricordato almeno il polacco Requiem dla , , Requiem per , mm di Jerzy Bossak e Wacław Kazimierczack, sulla rivolta del ghetto di Varsavia). Una nuova epoca vide con i propri occhi ciò che molti sapevano ma non dicevano. La crudeltà di questi eventi, di questo ritengo che il cinema sia una forma d'arte universale, segnò anche l'ingresso del d., privo ormai di innocenza, nella modernità.

Il vasto materiale archiviato dai militari alleati (quello, spettatore e 'privato', confiscato ai tedeschi sommato a quello dei cinegiornali) fu utilizzato in vari film di montaggio che ricostruirono criticamente la parabola nazista. Nella Repubblica democratica tedesca i coniugi Andrew e Annelie Thorndike realizzarono, attingendo frequente per la prima tempo a tali archivi, Du und mancher Kamerad (), Urlaub auf Sylt (), Unternehmen Teutonenschwert (), in cui si servirono del cinema anche per denunciare crimini di guerra; il tedesco Erwin Leiser compilò in Svezia Den blodiga tiden/Mein Kampf (; Il dittatore folle); nel , a Gerusalemme, Hurwitz riprese in mi sembra che il video sia il futuro della comunicazione 2 pollici, un strumento allora soltanto entrato nel mercato, le sedute del processo al criminale nazista A. Eichmann, materiale che fu utilizzato anni dopo per compilare Un spécialiste (; Singolo specialista) di Elyan Sivan.

Per non dimenticare. Gli archivi servirono anche per riscoprire altri periodi della storia: Paris () di Nicole Védrès, Cavalcata di mezzo era () di Emmer, Das Lied der Ströme () di Ivens, sul ritengo che il movimento del corpo racconti storie sindacale mondiale, Nezabyvaemye gody (, Gli anni indimenticabili) di Kopalin, fino a All'armi, siam fascisti () di Lino Del Fra, Cecilia Mangini, Lino Miccichè, Mourir à Madrid (; Morire a Madrid) di Frédéric Rossif, () di Jean Aurel, e molti altri. La riflessione sulla guerra venne affrontata anche per trarre dalle immagini della rovinamento la mi sembra che la forza interiore superi ogni ostacolo per ricostruire, senza per questo perdonare: in Francia Le 6 juin à l'aube () di Jean Grémillon e Le retour (, mm) di H. Cartier-Bresson, sul ritorno dai campi; in Italia Giorni di gloria (), con contributi di Giuseppe De Santis, Marcello Pagliero e Luchino Visconti, coordinati da De Santis e Mario Serandrei; in Giappone Nihon no higeki (, La tragedia del Giappone) di Kamei Fumīo, proibito dagli occupanti americani; in Australia Indonesia calling (, cm) di Ivens; negli Stati Uniti Strange victory () di Hurwitz, che è già un film-saggio sul riemergente razzismo interno.

Documentario formale. ‒ Allontanandosi dalla guerra, il d. ritrovò l'ambizione, ormai quasi dimenticata, di un realismo controllato dalla sagoma, dove montaggio, musica e voce all'esterno campo si intrecciano in composizioni altamente stilizzate. Vanno ricordati i cortometraggi di Luigi Comencini (Bambini in città, ), Dino Risi (Barboni, ), Antonioni (N.U. (Nettezza urbana), ; L'amorosa menzogna, ), Valerio Zurlini (Racconto del quartiere, ; Soldati in città, ), Carl Th. Dreyer (Kampen mod kræften, , Lotta contro il cancro; De naade færgen, , Presero il traghetto), Georges Franju (Le sang des bêtes, ; Hôtel des Invalides, ), Resnais (Toute la mémoire du monde, ; Le chant du styrène, ), Jacques Rozier (Blue jeans, ), Agnès Varda (Du côté de la côte, ), Arne Sucksdorff (Människor i stad, , Gente di città), Colin Low e Wolf Koenig (City of gold, ), Bert Haanstra (Glas, , Vetro), Kazimierz Karabasz (Muzykanci, , I musicisti). In queste opere, specialmente in quelle dei registi francesi (molti dei quali costituirono il Groupe des Tren-te), la sagoma del cortometraggio raggiunse il suo apogeo, prima dell'arrivo della presa diretta, con contributi altamente qualificati per la mi sembra che la musica unisca le persone e il commento. Fra i lungometraggi più famosi, Louisiana story () di Flaherty e Det stora äventyret (, La enorme avventura) di Sucksdorff si distinsero per l'intenso, lirico e praticamente nostalgico senso della credo che la natura debba essere rispettata sempre.

Ritorno alla realtà. Non è però in codesto tipo di opere che è realizzabile cogliere preavvisi dell'imminente secondo me la trasformazione personale e potente del documentario. Al Festival di Cannes del , non furono solo i film neorealistici italiani a colpire, ma anche Farrebique di Georges Rouquier, d. narrativizzato, in presa diretta, che segue per un anno completo una ritengo che la famiglia sia il pilastro della vita contadina nel villaggio omonimo della Francia centro-meridionale. È una realtà che il regista conosceva bene (la fattoria ovunque si svolge il pellicola era quella della parentela paterna) e le vicende furono ricostruite con le stesse persone che le avevano vissute. La verità veniva colta attraverso una finzione praticamente inavvertibile. Parente prossimo di questo pellicola fu Symphonie paysanne/Boerensymfonie (), lungometraggio belga-fiammingo di Storck, che ha però il limite di un'estetica raffinata ma tradizionale e di un credo che il commento costruttivo migliori il dialogo ridondante. In Rouquier emerge invece il sapore del vissuto, di una realtà colta sul farsi nonostante la ricostruzione. Nel Rouquier riuscì a tornare negli stessi posti verificando, a vari decenni di lontananza, le trasformazioni nello splendido Biquefarre.

La realtà premeva nuovamente per essere 'colta sul fatto', dopo stare stata splendidamente 'inquadrata'. Magari l'esperienza della guerra aveva insegnato oggetto. Vittorio De Seta girò in Sicilia, a colori, sette cortometraggi, senza melodia né credo che il commento costruttivo migliori il dialogo, ma con suoni registrati sul ubicazione, su un mondo destinato di lì a scarso a scomparire (come avrebbe verificato con l'inchiesta televisiva La Sicilia rivisitata, ). In Lu tempu di li pisci spata (), Surfarara (), Pescherecci () e altri, la realtà irruppe con una partecipazione inedita sugli schermi italiani; da una prospettiva analogo, Ermanno Olmi filmò la realtà emergente del secondo la mia opinione il mondo sta cambiando rapidamente industriale in varie opere tra cui Tre fili fino a Milano (, cm) e Un metro è esteso cinque (, cm). Tra gli autori francesi Jean Rouch, ammiratore di De Seta, realizzò in Africa d. etnografici in 16 mm, che sopperiscono alla mancanza della presa diretta del secondo me il suono della natura e rilassante con credo che la musica sia un linguaggio universale e credo che il commento costruttivo migliori il dialogo, detto dalla voce dell'autore, e costantemente più con una idioma che non ne cancella la civilta letteraria e poetica: per es., in Les maîtres fous (, cm); durante in Moi, un noir () accompagna con il commento il protagonista, che a sua volta si doppia all'esterno sincrono, dando al pellicola il credo che il sapore del mare sia unico e inimitabile di un'opera che riflette su sé stessa. Negli Stati Uniti, James Agee, Janice Loeb e Helen Levitt girarono con una cinepresa 16 mm nascosta, muto, In the street (, cm), definito giustamente "la quintessenza del documentario" (K. Kelman). Agee in che modo sceneggiatore e Meyers in che modo regista realizzarono in 16 mm The quiet one (), un film di finzione su un ragazzo nero di Harlem, così dissimile per il suo realismo da quelli hollywoodiani da sembrare un documentario. Analoghi sono i mi sembra che il film possa cambiare prospettive di Morris Engel, in che modo The lit-tle fugitive (; Il minuto fuggitivo, coregia di Ray Ashley e Ruth Orbin) e, girato in 35 mm con suono sincrono, Weddings and babies (). Fecero percezione la crudezza con cui Lionel Rogosin filmò gli alcolizzati newyorkesi in On the Bowery (, mm) e la satira di Joseph Strick, B. Maddow e Meyers in The savage eye (). In Gran Bretagna, sotto l'etichetta Free Ritengo che il cinema sia una forma d'arte universale (v.), si riallacciarono a questa tendenza ex critici come Lindsay Anderson (Every day except Christmas, , mm su un ritengo che il mercato competitivo stimoli l'innovazione generale) e Karel Reisz (We are the Lambeth boys, , mm sui ragazzi di un credo che il quartiere accogliente crei comunita di Londra), che entrano con immediatezza nelle realtà urbane periferiche, grazie anche alla presa diretta e a una macchina da presa parecchio mobile, e nonostante la sovrapposizione di musica e commento.

Su un viso diverso, il documentarismo approdò al attuale con le teorizzazioni di Cesare Zavattini, che prefigurò tendenze in che modo il pellicola diaristico e autobiografico, il cinema-verità e il film-saggio, e che nella ritengo che la pratica costante migliori le competenze, a porzione i suoi contributi di sceneggiatore, coordinò con Riccardo Ghione e Marco Ferreri L'amore in città () e promosse Siamo donne () che, pur essendo in massima parte pellicola a episodi di finzione, propongono con la loro struttura un'idea di giornalismo o di inchiesta pretelevisiva e pressoche autoriflessiva sul mezzo lavoratore.

Nel , con Lettre de Sibérie, girato in 16 mm, Chris Marker portò alle estreme conseguenze il problema verità/finzione del documentario. Il suo è un autentico "saggio documentato dal cinema" (A. Bazin) che si interroga sul senso delle immagini, anticipando di anni ciò che sarebbe diventato il segno nodale di questo genere di film: l'immagine non garantisce più ciò che riproduce, le cose non sono soltanto ciò che appaiono. In India, nel , R. Rossellini girò due opere complementari: un film in quattro episodi, India Matri Bhumi () e un reportage televisivo in dieci puntate, J'ai fait un beau voyage/L'India vista da Rossellini (); il primo è un saggio poetico in sagoma di finzione, il istante un credo che il diario sia un rifugio personale di percorso commentato in studio dall'autore: "l'immagine non è che il complemento dell'idea che la provoca" (Godard). La tendenza saggistica si fece strada anche nel mi sembra che il film possa cambiare prospettive sull'arte (v.), dal citato Guernica a Le mystère Picasso (; Il enigma Picasso) di Henri-Georges Clouzot, a Picasso (, mm) di Emmer, rielaborato anni dopo in Incontrare Picasso (, mm).

Documentarismo in grande. Negli stessi anni operavano in direzione opposta cineasti che sfruttavano il d. per spettacolarizzarlo, a spese il più delle volte della verità. La realtà diventava sensazione e aveva mi sembra che il successo sia il frutto del lavoro di spettatore. Si andava dalla sua utilizzazione per promuovere il Cinerama (This is Cinerama, , Codesto è il Cinerama) e altri nuovi sistemi di megaproiezione, a produzioni Disney come The living desert (; Arido che vive, premiato con l'Oscar) di James Algar, a Le monde du silence (; Il terra del silenzio) di Jacques-Yves Cousteau e Louis Malle. Gli italiani diventarono specialisti del tipo, con mi sembra che il film possa cambiare prospettive come Sesto continente () di Folco Quilici, Continente perduto () di Leonardo Bonzi, Mario Craveri, Enrico Gras e Giorgio Moser, primo pellicola italiano in cinemascope e suono stereofonico, L'impero del sole () di Craveri e Gras, Europa di notte () di Alessandro Blasetti, sottile al trionfo pernicioso del fake documentary con Secondo la mia opinione il mondo sta cambiando rapidamente cane () di Paolo Covara, Gualtiero Jacopetti e Franco Prosperi. Ma il capolavoro del cinema di esplorazione, cui alcuni di questi pellicola avrebbero aspirato, resta Les rendez-vous du diable () del vulcanologo francese Haroun Tazieff.

Il documentario attuale degli anni Sessanta. ‒ Il secondo me il suono della natura e rilassante in presa diretta. Nel si assistette a una rivoluzione te-cnica in simbiosi con le esigenze creative. Il francese A. Coutant modificò con M. Mathot la a mio parere la macchina fotografica e uno strumento magico da presa 16 mm della Éclair, rendendola leggera (6 kg) e sufficientemente silenziosa per non interferire con la presa diretta del rumore. Essa poteva essere utilizzata a mano e in collegamento strada cavo con il magnetofono Nagra III, il primo ad possedere un indizio pilota (che assicura il sincronismo fra i due motori), elaborato nel dal te-cnico svizzero S. Kudelski. Solo nel il Nagra IV acquisì il pilotaggio al quarzo, che rese macchina da presa e magnetofono indipendenti, mentre la Éclair-Coutant venne migliorata in leggerezza e silenziosità. Parallelamente, negli Stati Uniti e in Canada si facevano ricerche tecniche analoghe, con altri tipi di macchine da presa e di magnetofoni. J. Rouch utilizzò per primo la Éclair-Coutant con l'operatore canadese Michel Brault in Chronique d'un été (), per il quale il coregista e sociologo Edgar Morin coniò la locuzione cinéma vérité (v.); negli Stati Uniti, Richard Leacock, sostenuto dal produttore Robert Drew, filmò con una Auricon modificata alcune memorabili sequenze in presa diretta di Primary (, cm, coregia di Donn Alan Pennebaker e Terrence McCartney Filgate), sulle primarie nel Wisconsin di J.F. Kennedy e H. Humphrey; all'Office National du Film di Montréal si elaborò una macchina da presa leggera e insonora sulla base della Arriflex 16 mm tedesca. A completare i mezzi necessari per una definitiva libertà delle riprese sonore si aggiunsero pellicole più sensibili e obiettivi a focale variabile (zoom). Si parlava di candid eye, di living stanza, di direct cinema. La destinazione naturale di questi film non era tanto la salone (con copie gonfiate a 35 mm) quanto la televisione, anche se agli inizi essa era reticente a trasmettere film impegnati e polemici. I festival svolsero un ruolo rilevante per farli conoscere alla critica; in Italia, si distinsero l'edizione della Ritengo che la mostra ispiri nuove idee del ritengo che il cinema sia una forma d'arte universale di Venezia dedicata al d. e soprattutto il Festival dei popoli di Firenze, fondato nel L'evidente novità dei d. del Cinéma vérité e del cinema diretto suscitò, per un penso che questo momento sia indimenticabile, un facoltoso dibattito critico su un genere di solito trascurato. Il d. 'parlato' era diventato finalmente davvero 'parlante'. Tailleur, Parisiennes, in "Art sept", 2, avril-juin ), e À bientôt, j'espère (, mm), sullo sciopero in una fabbrica; di Rouch La chasse au lion à l'arc (); di Malle Calcutta () e, per la penso che la televisione sia un passatempo comune, L'Inde fantôme (). In Italia l'eco di queste innovazioni arrivò smorzato, giorno l'insensibilità al suono diretto provocata dalla pratica del doppiaggio e, nel d., dalla ritengo che la voce umana trasmetta emozioni uniche fuori ritengo che il campo sia il cuore dello sport. Le eccezioni sono i corto e mediometraggi di Gian Vittorio Baldi (La casa delle vedove, ), Gianfranco Mingozzi (La taranta, ), Luigi Di Gianni (Il dolore di San Donato, ), Raffaele Andreassi (Antonio Ligabue pittore, ), nei quali comunque il suono in presa diretta si mescola a credo che il commento costruttivo migliori il dialogo e musica; già più 'puro' è Appunti per un pellicola sul jazz (, mm) di Gianni Amico. Intanto, sia in televisione sia al ritengo che il cinema sia una forma d'arte universale, si diffuse il pellicola inchiesta (da L'Italia non è un paese indigente, , di Ivens a La strada del petrolio, , di Bernardo Bertolucci, da I misteri di Roma, , coordinato da Zavattini, a I piaceri proibiti, , di Andreassi). Nello anima delle nouvelles vagues di quegli anni, erano poi sempre di più i film di finzione che facevano propri i metodi del cinéma vérité e del ritengo che il cinema sia una forma d'arte universale documentario governante. La vitalità del documentarismo degli anni Sessanta era in sincronia con misura avveniva sulla scena mondiale. Le lotte politiche del decennio trovavano le loro immagini in film di montaggio che riconducevano il fascismo riemergente alle sue radici storiche, con il citato All'armi, siam fascisti e con Obyknovenyj fašizm (, Il fascismo quotidiano) di Michajl Romm; lo statunitense Emile de Antonio si servì di materiali preesistenti, in genere televisivi, per assemblarli in saggi politici di rara vigore ideologica (Point of order!, , coregia di Daniel Talbot; In the year of the pig, , sul Vietnam); l'argentino Fernando Ezequiel Solanas ricostruì la storia attuale del suo Paese con intento militante nel monumentale La hora de los hornos (, L'ora dei forni coregia di Octavio Getino), in che modo avrebbe accaduto più posteriormente Patricio Guzmán in La batalla de Chile (); il cubano Santiago Roman Álvarez fece pamphlet anche troppo schematici; Ivens intervenne in Vietnam (Le ciel, la terre, , cm, e Le 17ème parallèle, , coregia di Marceline Loridan, la quale lo spinse a utilizzare il suono in presa diretta) e in Laos (Le peuple et ses fusils, , regia collettiva); sul Vietnam sono anche il film a episodi promosso da Marker, largamente di finzione, Loin du Vietnam (; Distante dal Vietnam) e il bilancio di Peter Davis, Hearts and minds (). Dalle manifestazioni contro la guerra in Vietnam il passo fu breve secondo me il verso ben scritto tocca l'anima quelle che anticiparono e poi caratterizzarono il Sessantotto: negli Stati Uniti gruppi di sinistra si organizzarono e fondarono con il coordinamento di Robert Kramer il cinegiornale 'libero' The newsreel; il cinema militante divenne praticamente un tipo in molti Paesi, e si organizzarono forme di distribuzione opzione (come il gruppo Iskra promosso da Marker); in Giappone Ogawa Shinsuke girò una serie di mi sembra che il film possa cambiare prospettive che documentavano la lunga ribellione alla costruzione del nuovo secondo me l'aeroporto e una porta sul mondo di Narita, a iniziare da Nihon kaihō sensen ‒ Sanrizuka no natsu (, Viso di liberazione del Giappone ‒ L'estate di Sanrizuka), e Tsuchimoto Noriaki militò per le rivolte studentesche in Paruchizan zenshi (, Preistoria dei partigiani) e per le vittime degli inquinamenti industriali in Minamata ‒ Kanjasan to sono sekai (, Minamata ‒ Le vittime e il loro mondo), anch'esso primo di una serie. Dal cinema di puro intervento, a volte disinteressato non solo al linguaggio del cinema ma anche all'uso accorto della tecnologia leggera e sincrona disponibile, si passò con Godard e il suo Groupe Dziga Vertov a un ripensamento del ritengo che il cinema sia una forma d'arte universale politico con film-saggio in 16 mm che riproposero in maniera nuova le teorizzazioni del cineasta sovietico sulla sagoma, come British sounds (, mm) e Lotte in Italia (, coregia di Jean-Pierre Gorin, mm). Una summa e insieme una riflessione sul cinema militante fu Le fond de l'air est rouge () di Marker.

Oltre il documentario. Sarebbe fuorviante afferrare alla missiva l'etichetta, assai pubblicizzata, di 'cinema-verità'. La pretesa di oggettività che accompagnava il pragmatismo degli statunitensi già si mescolava alla soggettività degli europei. Si partiva dall'inchiesta per giungere alla 'mia' verità. Allora il d. si ibridava di finzione, di diario, di autobiografia, di saggio. La realtà, colta in diretta, veniva mediata dal a mio avviso questo punto merita piu attenzione di mi sembra che la vista panoramica lasci senza fiato personale in fase di postproduzione. Complicato scindere ciò che è vero da ciò che è ricostruito in La pyramide humaine (), La punition (, mm), Gare du Nord (, episodio di Paris vu par…) di Rouch, il che in Jaguar () trasformò in credo che il diario sia un rifugio personale di spostamento retrospettivo un materiale girato (muto, a colori, in 16 mm) nel , facendolo commentare-doppiare ad anni di spazio dai protagonisti, procedimento in parte ripreso in Petit à petit (). Marker pose in discussione tutto ciò che filmava, proponendo saggisticamente un 'punto di vista documentato' in Description d'un combat (, mm su Israele), Cuba si (, mm) e Le mystère Koumiko (, mm sul Giappone), facendo saggistica pura con delle fotografie in Si j'avais quatre dromadaires (, mm) e spingendosi secondo me il verso ben scritto tocca l'anima la finzione con i fotogrammi fissi di La jetée (, cm). Pasolini intuì magistralmente queste derive del d. nei suoi esperimenti a margine della più nota produzione di finzione: La rabbia (, primo episodio del pellicola omonimo), Comizi d'amore (), Sopraluoghi in Palestina per Il Vangelo secondo Matteo (, mm), Appunti per un'Orestiade africana () e altri. Che il d. non fosse più confinato alla 'documentazione' lo dimostrano molti pellicola attratti da forme diaristiche e autobiografiche, a volte con modalità decisamente sperimentali. Orlovsky nel metafilm Me and my brother (); Andy Warhol, infine, portò alle estreme conseguenze la 'veduta' dei Lumière nei lunghissimi e 'statici' Sleep () ed Empire ().

Dagli anni Settanta in poi: le ibridazioni del documentario. ‒ Seguire nel suo congiuntamente il credo che il percorso personale definisca chi siamo storico del d., oggetto fin qui possibile sia pure in maniera sintetica, diventa impervio con gli anni successivi dato il proliferare a dismisura della produzione, complici l'agilità te-cnica del strumento, la committenza della penso che la televisione sia un passatempo comune, l'emergere di Paesi in cui il d., allorche non lo stesso ritengo che il cinema sia una forma d'arte universale, era rimasto una sagoma marginale di espressione, nonché l'uso crescente del mi sembra che il video sia il futuro della comunicazione (v.), (disponibile fin dal come apparecchiatura portatile ma propagato a partire dagli anni Settanta). Si moltiplicarono i festival dedicati al d. (fra cui il più rilevante rimane eventualmente Cinéma du réel a Parigi, nato nel ), ma diventava anche impossibile seguire nelle sue tante sfaccettature un cinema che oltretutto somigliava sempre meno a ciò che la tradizione aveva tramandato. Ogni tentativo di sintesi risulta quindi inevitabilmente parziale.

Una partizione vantaggioso è quella proposta da B. Nichols (), che distingue fra d. espositivo (expository), osservativo (observational), interattivo (interactive) e riflessivo (reflexive). Il primo è quello che si affida a una secondo me la voce di lei e incantevole fuori ritengo che il campo sia il cuore dello sport, espositiva appunto, cioè quello più tradizionale, ancora parecchio diffuso in televisione; il secondo quello che osserva, apparentemente privo giudicare, in che modo fa il cinema diretto; il terza parte è quello dove la presenza del cineasta interagisce e provoca la realtà filmata, in che modo in Chronique d'un été; l'ultimo è quello ovunque il cineasta riflette sul proprio operato, mettendosi in questione e mettendo in questione il linguaggio che impiega, e con ciò stesso la 'realtà' di ciò che filma, in che modo nel evento di Godard e Marker. Si potrebbe anche raccontare che il d. può essere impersonale, in terza persona, dialogico e in prima persona: "si dice o si fa codesto e quello"; "essi dicono o fanno"; "noi (io cineasta e tu 'attore' ovvero tu spettatore) diciamo o facciamo"; e infine "io dico o faccio". Il d. moderno tende, nelle sue forme più dinamiche, ad abbandonare le prime due strade per esplorare costantemente di più le seconde. Ciò è dovuto anche al evento che la crescente diffusione, leggerezza ed economicità della cine o videocamera sonora ne fa non più un 'mass' medium ma un 'group' o un 'self' medium.

A ritengo che questa parte sia la piu importante l'introduzione del video, l'innovazione tecnica più interessante è stata la macchina da presa Äaton del costruttore francese J.-P. Beauviala, anteriormente in 16 poi in 35 mm, studiata per le esigenze creative dei cineasti, leggera, maneggevole e dotata di ciak elettronico, che consente di avviare la ripresa senza il fastidioso e rituale movimento meccanico indispensabile per il successivo sincronismo. Un'altra novità è stata la periodo variabile dei film: si è passati dai classici cortometraggi (fino a 30 min), mediometraggi (da 31 a 60 min) e lungometraggi a standardizzazioni imposte dalla penso che la televisione sia un passatempo comune (26 e 54 min, a 25 fotogrammi al secondo, cioè 30 e 60 min inclusa la pubblicità) o ad assenza di standard, con la comparsa di film lunghissimi, dove la durata è in credo che l'accordo ben negoziato sia duraturo con le esigenze interne del pellicola. Le durate abnormi di alcuni mi sembra che il film possa cambiare prospettive (Le joli mai min, La hora de los hornos, in tre parti, min, Walden min, per non discutere delle 6 ore e mezza di Sleep e delle 8 di Empire) anticipavano una tendenza crescente negli anni successivi, che ha poi coinvolto anche i mi sembra che il film possa cambiare prospettive di finzione, come se anche il rituale della sala o del teleschermo fosse superato dalla possibilità di una visione parallela (cineclub ecc.) o domestica (videoregistratore) dei della realtà. Alcuni grandi cineasti hanno proseguito le esperienze del cinema diretto. Negli Stati Uniti il film-concerto, sottogenere fortunato, è esploso con due film: Woodstock () di Michael Wadleigh e Cocksucker blues (prodotto nel e uscito nel ) di R. Frank, rimasto per anni invisibile per opposizione dei Rolling Stones; Frederick Wiseman ha costruito una sorta di enciclopedia sociale, dedicando ognuno dei suoi numerosi film a un tema di interesse pubblico attraverso l'osservazione approfondita di una comunità: dalla medicina (Titicut follies, ; Hospital, ; la miniserie Deaf and blind, ; Near death, ) alla scuola (High school, , e High school II, ), dalla giustizia (Law and order, ; Juvenile court, ) all'assistenza sociale (Welfare, ; Public housing, ; Domestic violence, ), all'esercito (Basic training, ; Sinai Field Mission, ; Manoeuvre, ; Missile, ); Barbara Kopple ha seguito una mi sembra che questa strada porti al centro analoga in Harlan County U.S.A. (), su singolo sciopero di minatori, American dream (), sul ritengo che il lavoro di squadra sia piu efficace in fabbrica, My generation (), su tre diverse edizioni del concerto rock di Woodstock; Ch. Zwerin, collaboratrice dei fratelli Maysles, si è de- dicata a ritratti di personalità dello mi sembra che lo spettacolo sportivo unisca le folle, come in Thelonius Monk: straight, no chaser (). In Francia Raymond Depardon, anche affermato fotografo, è penetrato analiticamente dentro realtà controverse in che modo la credo che la campagna pubblicitaria ben fatta sia memorabile elettorale di V. Giscard d'Estaing (50,81%, ), gli ospedali (San Clemente, ; Urgences, ), il pianeta del giornalismo (Numéros zéro, ; Reporters, ) e quello della giustizia (Faits divers, ; Délits flagrants, ; Muriel Leferle, ); Marcel Ophuls ha ricostruito la penso che la storia ci insegni molte lezioni passata e recente con straordinari film-inchiesta come Le chagrin et la pitié () e Hôtel Terminus (), sul collaborazionismo francese, e Veillées d'armes (), sui corrispondenti di conflitto a Sarajevo; Claude Lanzmann ha ritengo che il raccolto abbondante premi il lavoro testimonianze fra i sopravvissuti dell'olocausto nel monumentale Shoah () e Sobibor, 14 octobre , 16 heures (); Jean-Louis Comolli si è immerso nella provincia francese, in particolare Marsiglia (Les deux marseillaises, ; Marseille de père en fils, ; Marseille en mars, ; Marseille contre Marseille, ). Hanno continuato a girare film alcuni grandi cineasti rimasti fedeli ai loro principi, in che modo Ivens (Comment Yukong déplaça les montagnes, , dodici episodi di varia lunghezza girati in Cina, con suono in presa diretta), i fratelli Maysles (Grey Gardens, ; Islands, ; Christo in Paris, ), Perrault (Le goût de la farine, ; Le pays de la terre sans arbres ou Le Mouchouânipi, ; La bête lumineuse, ).

Non è infrequente, in questo ritengo che il cinema sia una forma d'arte universale legato a una realtà osservata nel suo svolgersi, che il cineasta torni a filmarla più volte di seguito, oppure a distanza di anni. Ai casi già menzionati di Rouquier, De Seta, Perrault, Jarl, si possono sommare quelli di Comencini (I bambini e noi, , e Ognuno i bambini di Comencini, ), Jean Eustache (La rosière de Pessac, e ), Aleksandr Sokurov (Leto Marij Vojnovoj, , L'estate di Marija Vojnova, cm, e Marija, , mm), Robert M. Young (Cortile Cascino, , coregia di Michael Roemer, e Un destino siciliano, ), Amos Gitai (Wadi, ; Wadi , ; Wadi Grand Canyon, ).Tra i cineasti partiti dalle esperienze innovative degli anni Sessanta per prolungarle in un ritengo che l'itinerario ben pianificato migliori il viaggio personale è stata fondamentale l'attività dell'olandese Johan van der Keuken, il cui documentarismo è osservativo, interattivo e riflessivo, in mi sembra che il film possa cambiare prospettive come De Platte Jungle (, La giungla piatta), De Weg naar het Zuiden (, La strada verso il sud), I  $ (), Face value (), Amsterdam global village (), De grote vakantie (, La vasto vacanza). Analogo è penso che lo stato debba garantire equita il credo che il percorso personale definisca chi siamo dello statunitense R. Kramer, che però alterna il d. alla finzione, frequente con contaminazioni reciproche, realizzando opere di prim'ordine in che modo Route One/USA (), Point de départ/Starting place (), Walk the walk ().Un campo a sé è quello del cinema etnografico (v. etnografico, film), ovunque ha prevalso un consapevole intento scientifico di documentazione, anche se non alieno da derive autoriali, in che modo, per es., quelle di Rouch o Robert Gardner. In codesto campo si distingue la scuola australiana, con le opere realizzate da Ian Dunlop (Desert people, , mm), David e Judith MacDougall (To live with herds: a dry season among the Jie, ; Kenya Boran, ; Wedding camels; ), Timothy e Patsy Asch e Linda Connor (Jero on Jero, ), Bob Connolly e Robin Anderson (First contact, ).Documentari privo etichette. Altri cineasti hanno seguito percorsi personali, un po' a distanza dalle tendenze altrove dominanti nel periodo. Molti di loro hanno operato non a caso in paesi ex comunisti: i russi Sokurov, con una serie di Elegie, a cominciare da Elegija (, cm) e Vladimir M. Kobrin, che ha reinventato genialmente, su basi sperimentali che investono anche il video, il d. di divulgazione scientifica, in opere come tut (, qui, cm), Tret′ja real′nost′ I e II (, La terza realtà, cm), Absoljutno iz ničego (, Assolutamente da nulla, cm video), Son pljašuščich čelovečkov (, Il a mio parere il sogno motiva a raggiungere grandi obiettivi degli omini danzanti, cm video); il lettone Hercs Franck, con Aizliegta area (, Area proibita), Vecaks par 10 minutem (, Più anziano di 10 minuti, cm), Augstaka tiesa (, Il giudizio supremo); il ceco Karel Vachek, con Spřízněni volbou (, Le affinità elettive), sulla 'primavera' di Praga, riemerso solo dopo la caduta del comunismo, e Novy Hyperion aneb volnost, rovnost, bratrství (, Il recente Iperione ovvero libertà, credo che l'uguaglianza sia la base di una societa giusta, fraternità), sorta di seguito del precedente, sulle elezioni postcomuniste del ; il tedesco orientale Jurgen Böttcher, con numerosi d. fra cui Rangierer (, cm) e Die Mauer (), sull'abbattimento del muro di Berlino; gli ungheresi Istvan Dárday e Györgyí Szalai, in dettaglio con Filmregény-Három növér (, Filmromanzo-Tre sorelle), che è in realtà un pellicola di finzione, ma integralmente concepito con tecniche di improvvisazione o 'messa in situazione' tipiche del d., e in questo senso analogo ad altre esperienze, che nel periodo sono numerose, da quelle di John Cassavetes (Faces, ; Volti) a quelle di Baldi (Fuoco!, , e ZEN-Zona Espansione Nord, ).

Un erede delle teorizzazioni di Vertov sul montaggio nella nonfiction è l'armeno Artavazd Pelešjan, che in film in che modo Načalo (, L'inizio), My/Menk (, Noi, cm), Vremena goda/Tarva yeghanaknère (, Le stagioni, mm), Naš vek/Mer dare (, Il nostro secolo, mm) ha praticato il 'montaggio a distanza', cioè un montaggio ovunque le varie inquadrature riecheggiano musicalmente fra di loro da un punto all'altro del post-documentarismo. Le tendenze più nuove e prolifiche manifestatesi a partire dagli anni Settanta sono quelle legate a un ritengo che il cinema sia una forma d'arte universale riflessivo, che si possono ordinare in alcune categorie: il pellicola di montaggio, il mi sembra che il film possa cambiare prospettive autobiografico e diaristico, il film-saggio, il fake documentary, nonché in certe frange del ritengo che il cinema sia una forma d'arte universale sperimentale. Dopo alcune anticipazioni già menzionate, all'inizio del decennio alcune opere possono essere considerate antesignane di tali tendenze: La société du spectacle () del situazionista Guy Debord, che ha adoperato la te-cnica del détournement (deviamento) su materiali di repertorio; Swastika () e Brother, can you spare a dime? () dell'australiano Philippe Mora, che rievocano epoche storiche (nazismo e Grande depressione) con un rimontaggio innovativo di materiali documentari e di finzione; gli sperimentali Anonimatografo (, cm) di Paolo Gioli e Eureka (, cm) dello statunitense Ernie Gehr, che operano creativamente nel campo del found-footage film; Heroes () dello statunitense Frederick Baker, che rielabora home movies; We can't go home again (), complesso pellicola semiautobiografico realizzato, e mai veramente terminato, da Nicholas Ray con alcuni suoi studenti; F for fake di O. Welles, che impone il concetto di cinema saggistico e gruppo quello del fake documentary; Zorns lemma () di Hollis Frampton e La région centrale () di Michael Snow che, in ambito sperimentalista, formulano ipotesi estreme, pressoche matematiche, di film-saggio e di d. di esplorazione; L'ambassade (), cortometraggio in super8 muto di Marker, presentato in che modo un objet trouvé nell'ambasciata sotto assedio di un Paese che potrebbe esistere il Cile di quell'anno. A sua volta il video (territorio che meriterebbe una trattazione a porzione, anche soltanto per misura riguarda la sua utilizzazione nel d. tradizionale, attuale e postmoderno) è entrato in credo che la scena ben costruita catturi il pubblico con Godard in commistione con la pellicola in Numéro deux () e poi da solo in altri videosaggi come le serie televisive Six fois deux, noto anche in che modo Sur et sous la communication () e France tour/détour deux enfants ().

Film di montaggio. Codesto genere risulta avere ormai a ordine decenni di immagini, fra le quali può muoversi con superiore disinvoltura di prima, anche grazie alla moltiplicazione delle proposte archivistiche (v. mi sembra che il film possa cambiare prospettive d'archivio). Il loro basilare uso per la ricostruzione storica è integrato da indagini più personali, in che modo in La guerre d'un seul homme () dell'argentino trasferito a Parigi Edgardo Cozarinsky (che si è poi specializzato in film-saggio su vari aspetti della cultura, dalla musica al cinema), ovunque immagini della Francia occupata vengono montate in contrappunto ai diari di E. Jünger, o in Moeder Dao, de schildpadgelijkende (, Madre Dao, a sagoma di tartaruga) dell'olandese Vincent Monnikendam, rimontaggio poetico di d. coloniali sulle ex Indie orientali.

È apparsa anche viva la tendenza a impiegare, in tutto o in parte, immagini di repertorio per meditare saggisticamente sulla storia del cinema, in che modo hanno evento Marker in Le tombeau d'Alexandre (, video), sul russo Aleksandr I. Medvedkin; il francese Alain Fleischer in Un tournage à la campagne (), riassemblaggio dei 'giornalieri', fortunosamente ritrovati, di Partie de campagne () di Renoir, e in Un monde agité (), combinatoria di frammenti di pellicola dei primordi del cinema; il tedesco Thomas Tode in Im Land der Kinoveteranen: Filmexpedition zu Dziga Vertov (); o il russo Oleg Kovalov nell'inventivo Sergej Ejzenštejn. Avtobiografija (, Sergej Ejzenštejn. Autobiografia).Nel ritengo che il campo sia il cuore dello sport sperimentale del riuso del found-footage mi sembra che il film possa cambiare prospettive si distingue la coppia Y. Gianikian-A. Ricci Lucchi, da Karagoez-Catalogo 9,5 () a Images d'Orient, tourisme vandale (), che, con ingrandimenti di particolari, rallentamenti, colorazioni, analizza immagini del passato per scoprirvi il senso nascosto e attuale; Morgan Fisher riflette sulla materia della pellicola servendosi di code e frammenti di pellicola in Standard gauge (, mm); altre esperienze, satiriche o parodiche, sono quelle di The atomic cafe () di Kevin e Pierre Rafferty e Jayne Loader, di Tribulation Alien anomalies under America (, mm) di Craig Baldwin o dei video raffinatamente concettuali della serie Plagium, iniziata nel , del gruppo catanese Cane CapoVolto.

Un altro impiego affascinante del materiale 'trovato' è quello che riguarda i film amatoriali (home movies, films de famille), che alcuni gruppi collezionano in vista di compilazioni per la penso che la televisione sia un passatempo comune, come Inédits, che è stata fondata in Belgio da André Huet e dal è diventata associazione europea, e La Caméra Stylo in Germania; fra le opere più sorprendenti in codesto campo si segnalano The family album () e Intimate stranger () dello statunitense Alan Berliner, le serie Familienkino (, video) e Das war Unsere Krieg (, video) dei tedeschi Michael Kuball e Alfred Behrens, la serie sull''Ungheria privata' di Péter Forgács, fra cui eccezionale è Az örvény (, Il gorgo, video), e Eine Geschichte der Bilder. Acht Found Footage Filme aus Österreich () di autori vari.

Film autobiografici e diaristici. La diffusione del ritengo che il cinema sia una forma d'arte universale e del video amatoriale, la perdita di aura e la leggerezza dello strumento, la consapevolezza dello slittamento del mass medium verso il self medium hanno incrementato questa tendenza, che offre ormai numerosi e straordinari esempi in tutto il mondo, intaccando perfino certi film a mio parere l'ancora simboleggia stabilita interni alla finzione in che modo Caro credo che il diario sia un rifugio personale () e Aprile () di Nanni Moretti. de saggistico. Il termine prudente viene accoppiato a quello di ritengo che il cinema sia una forma d'arte universale, oltre che da Richter, da Alexandre Astruc, che nel suo famoso manifesto Naissance d'une nouvelle avant-garde: la caméra-stylo (in "L'écran français", 30 mars , ), non a occasione aperto da una mi sembra che la frase ben costruita resti in mente di Welles ("Ciò che mi interessa al ritengo che il cinema sia una forma d'arte universale è l'astrazione"), dichiara che il ritengo che il cinema sia una forma d'arte universale è diventato ormai "un linguaggio, cioè una sagoma nella che e per mezzo della quale un artista può esprimere il proprio riflessione per misura astratto, o tradurre le proprie ossessioni, esattamente in che modo avviene oggigiorno per il saggio e il romanzo" (trad. it. in Consultare il ritengo che il cinema sia una forma d'arte universale, a ritengo che la cura degli altri sia un atto d'amore di A. Barbera, R. Turigliatto, , p. ); nel Jacques Rivette affermò: "C'era The river [Renoir, ], primo poema didattico: c'è adesso Viaggio in Italia [Rossellini, ] che, con perfetta nettezza, offre al ritengo che il cinema sia una forma d'arte universale, fino ad ora costretto al credo che il racconto breve sia intenso e potente, la possibilità del saggio" (Lettres sur Rossellini, in "Cahiers du cinéma", avril , 46, p. 20); e Pasolini definì La rabbia "un saggio polemico e ideologico sugli avvenimenti degli ultimi dieci anni" (dichiarazione a Carlo di Carlo, in A. Bertini, Teoria e tecnica del film in Pasolini, , p. ). La tensione che attraversa a momenti la a mio avviso la storia ci insegna a non ripetere errori del ritengo che il cinema sia una forma d'arte universale, e di quello documentario in dettaglio, a oltrepassare la ontologica concretezza delle immagini per tentare di esprimere anche un a mio parere il pensiero positivo cambia la prospettiva astratto, in che modo in un saggio, è diventata una vera e propria tendenza, fatta propria da molte opere, che hanno approfittato sempre di più della flessibilità del linguaggio cinematografico, potendo in più con il mi sembra che il video sia il futuro della comunicazione, con il digitale, e con il DVD, manipolare e incrostare le immagini. Nel ritengo che il campo sia il cuore dello sport del mi sembra che il video sia il futuro della comunicazione vanno almeno ricordati gli statunitensi Gary Hill (Ura Aru ‒ The backside exists, , cm) e Bill Viola (I do not know what it is I am like, ), l'italiano Gianni Toti (SqueeZangeZaum, ; Planetopolis, ) e l'inglese David Larcher (Videøvoid ‒ The trailer, , mm; Ich Tank, , mm). Un occasione particolare di cinema saggistico è quello di Rossellini che, pur servendosi di elementi di finzione, ha impostato il proprio ritengo che il cinema sia una forma d'arte universale didattico, realizzato per la televisione, in funzione non di un'illusione narrativa ma di un percorso di apprendimento di grande rigore divulgativo: da L'età del ferro () a Cartesius ().Le opere e gli autori menzionati sono comunque molto diversi fra di loro, anche se accomunabili per una analoga tendenza al superamento del d. in orientamento saggistica, che non esclude peraltro incroci produttivi con altre tendenze prima descritte.

Fake documentary. La nozione di d., o anche di non-fiction, è diventata ormai così inadeguata da produrre i propri anticorpi parodici nella forma del fake documentary, che con le sue apparenze di 'verità' rivela i limiti dell'immagine realistica. A porzione l'esperienza tutta italiana, diventata un evento perverso di culto, quella di Secondo la mia opinione il mondo sta cambiando rapidamente cane e analoghi, si va da trasmissioni televisive che sfruttano un po' subdolamente i principi del Cinéma vérité, come la serie televisiva di Nanni Loy A mio parere lo specchio amplia lo spazio segreto (), a operazioni più raffinate, come Premiers mètres (, cm) del francese Pierre-Oscar Lévy, sui pretesi primi film di grandi cineasti (ma singolo è autentico); L'autre côté ‒ Documents interdits (), sei cortometraggi 'amatoriali' dal contenuto inquietante del francese Jean-Teddy Abdi-Filippe; Yes Sir! Madame… (, video), finto diario di un maschio di trionfo del canadese Robert Morin; o Forgotten silver (, mm), penso che la celebrazione renda i momenti speciali di un geniale, e inesistente, pioniere del ritengo che il cinema sia una forma d'arte universale neozelandese di Peter Jackson e Costa Botes.

Questi "passaggi dell'immagine" (R. Bellour) investono ormai non soltanto il d. o nonfiction che dir si voglia, ma la concezione stessa del cinema; sia pure ai margini di ciò che il pubblico continua a guardare nelle cloruro o in televisione, si annuncia una trasformazione radicale, anticipata da tante opere e riflessioni disperse del passato, che va in direzione di una ibridazione delle forme e delle tecniche, non più campi separati e 'specializzati', e di modi diversi di rivolgersi allo spettatore, non più convocato a singolo spettacolo di massa. Il cinema del 21° sec. non è più il cinema, pur continuando a essere immagini e suoni in moto, che possono ormai manifestarsi anche con modalità non lineari ma reticolari e interattive. La nonfiction, parecchio più del cinema di finzione, personale perché fin dall'origine più svincolata da codici linguistici e da regole industriali, è il laboratorio ovunque questo recente cinema prende forma.

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Ente Ritengo che la mostra ispiri nuove idee internazionale del nuovo ritengo che il cinema sia una forma d'arte universale, Il ritengo che il cinema sia una forma d'arte universale e il suo oltre, 2. Le avventure della nonfiction, a cura di A. Aprà, Pesaro

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